giovedì, Aprile 17, 2025

White fragility: perché è così difficile parlare di razzismo?

White fragility: da dove nasce la difficoltà nell’affrontare un tema come il razzismo? Il termine “white fragility” deriva da un saggio della scrittrice americana Robin DiAngelo, del 2018. Un libro che ottenne grande successo e che, adesso, torna a scalare le classifiche aggiudicandosi un posto d’onore tra i best seller del New York Times. Infatti, negli USA, in seguito a fatti dalla risonanza mediatica mondiale come il caso dell’uccisione di George Floyd, torna prepotentemente a farsi strada il problema, mai sopito, dell’odio razziale. Nel 2011 Robin DiAngelo parla per la prima volta di white fragility per indicare la evidente difficoltà da parte dei bianchi a parlare di razzismo. In concomitanza, indica la tendenza a respingere le accuse sfruttando a proprio favore argomentazioni flebili. Perché dunque questa resistenza?

White fragility: come reagire al razzismo?

Il tema del razzismo è tanto ampio quanto complesso. Non è corretto ridurlo a una mera contrapposizione che oppone chi ha la bianca e chi ha la pelle scura. È qualcosa di ben più radicato, che si traduce in sentimenti di intolleranza nei confronti di coloro che riconosciamo come diversi. Si tratta di una delle questioni maggiormente dibattute negli ultimi anni. In particolar modo, la sensibilità all’argomento viene risvegliata dal movimento Black Lives Matter, che riporta in auge problemi ancora irrisolti e latenti. Dinnanzi ad episodi che risvegliano le coscienze c’è chi sceglie di rimanere indifferente, chi corre ai ripari mettendosi sulla difensiva e chi, invece, rompe gli argini ed affronta, in maniera brutalmente onesta, la questione. La DiAngelo, a tal proposito, sostiene: “Finché i bianchi non riconosceranno il proprio razzismo interiorizzato e metteranno da parte la propria fragilità di fronte all’argomento, non ci sarà modo di superare l’ineguaglianza“.

La paura ingiustificata del diverso

I sentimenti di astio, odio e paura che scaturiscono nei riguardi del diverso sono difficili da ricondurre ad una precisa causa. Spesso si tramandano come se facessero parte di un’eredità genetica sulla quale non è dovuto porsi domande. La white fragility consiste proprio in questo. Un meccanismo di autodifesa per cui si avverte il bisogno di difendersi da accuse che non sono facili da respingere mediante argomentazioni di alcun genere. La questione di fondo consiste nel fatto che, considerando il concetto come frutto di un automatismo, non sarà mai possibile sradicare il problema. Secondo la DiAngelo, nello specifico, la white fragility scaturisce dall’inconscio bisogno di tutelare un privilegio. Nell’ottica della teoria di cui è artefice, infatti, le persone con la pelle bianca godrebbero di una serie di privilegi, non ottenuti con sacrificio, rispetto a chi ha la pelle scura. Difendere questi privilegi diventa un obbligo inconsapevole, che porta a produrre questo atteggiamento.

Sul termine “privilegio” si dividono le opinioni. Ad esempio, Peggy McIntosh, ricercatrice al Wellesley Centers for Women, nel suo saggio dichiara: “Sono arrivata a vedere il privilegio bianco come un pacchetto invisibile di beni non guadagnati che posso contare di incassare ogni giorno, ma di cui ero destinata a rimanere all’oscuro“.

Critiche al concetto di White fragility

L’utilizzo di questa terminologia spacca l’opinione pubblica. In molti sostengono questa teoria riconoscendovi una soddisfacente, ed esauriente, risposta al quesito: “perché si è tanto restii a parlare di razzismo?”. Al contempo, è altrettanto copiosa la pioggia di critiche. In molti, infatti, additano il concetto come fuorviante e scorretto. White fragility è un termine improprio in quanto non ammette sfumature di significato al suo interno. Infatti, con l’impiego di questo termine, si tende a considerare in blocco la popolazione bianca senza fare distinzioni di sorta. Sulla medesima scia, il termine ed il significato che ne è intrinseco, secondo John McWorther sminuisce la popolazione nera. Ne minimizzerebbe infatti le conquiste in fatto di diritti e i progressi compiuti nel corso degli anni, mediante dure lotte e battaglie.

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