<<Se sei ubriaca sei in parte responsabile dello stupro>>. Potrebbe sembrare una frase datata ad almeno trenta o quarant’anni fa, a tempi in cui le battaglie per i diritti delle donne dovevano ancora vedere molti traguardi. E invece no. Siamo a oggi, venticinque settembre del 2020, nella città di Ferrara. E’ proprio il comune del suddetto luogo, che esordisce con queste parole sui social. Questo è l’ennesimo caso di victim blaming che viene fatto passare come campagna in difesa delle donne.
Che cos’è il victim blaming?
Letteralmente, il termine “victim blaming” è tradotto come “colpevolizzazione della vittima”. E’ una tendenza purtroppo parecchio comune, anche in un paese come il nostro, nel quale le battaglie femministe hanno dato i loro frutti. In linea di massima funziona così: una donna viene violentata? Allora ecco che parte la ricerca delle possibili “cause”. “Era ubriaca”, “Portava una minigonna”, “Se ne andava in giro da sola alle due di notte”, “Stava con un compagno palesemente violento, doveva fuggire prima”.
Tutte frasi che celano, dietro l’apparente ricerca di una comprensione, un’abitudine che ci portiamo dietro da secoli. Quella di ricercare la ragione della violenza sulla vittima, e mai sul carnefice. Mai che si pensasse piuttosto a cosa facciamo di sbagliato in questa direzione, che ci domandassimo cosa insegniamo di errato ai nostri figli. E soprattutto, mai che ci si ponesse, prima di tutto, dei quesiti adeguati riguardo chi ha compiuto l’atto.

Solo un fraintendimento?
Si è parlato di fraintendimento, di gaffe. Sono seguite scuse da parte dei responsabili del post, nelle quali hanno spiegato che il loro intento fosse in realtà quello di responsabilizzare le ragazze circa il pericolo della violenza sessuale. Eppure, qualcosa non torna. La realtà dei fatti è che il messaggio lanciato è completamente sbagliato e sviante. Certo, è probabile che le intenzioni fossero buone. Tuttavia, questo è l’ennesimo esempio di quanto, in Italia come in altri paesi del mondo, il victim blaming sia ancora all’ordine del giorno. Basti pensare alla protesta portata avanti da alcuni ragazzi del Liceo Socrate di Roma, in seguito a un grave episodio di violenza di genere.
Contro la violenza di genere: Barbara Sarri
Un messaggio violento e pericoloso
Lo abbiamo detto, probabilmente le intenzioni del Comune di Ferrara erano buone. Tuttavia, ciò non giustifica i fatti. E’ necessaria una coscienza comune. Bisogna riconoscere che incolpare le donne non fa altro che alimentare la violenza. E’ vero, purtroppo siamo in un mondo nel quale una signora non può divertirsi spensieratamente a una festa, o passeggiare sola durante la notte, senza essere conscia dei pericoli a quali potrebbe andare incontro. Adesso però, è arrivata l’ora di cambiare le cose.
E’ giusto responsabilizzare i ragazzi e le ragazze in maniera uguale. Inoltre, è fondamentale mettere in guardia le donne, insegnare loro a difendersi. Ed è altresì di vitale importanza responsabilizzare gli uomini. Il cambiamento parte dai piccoli gesti, come impartire ai propri figli un’educazione priva di stereotipi di genere. Insegnando loro che la violenza non è mai la scelta giusta né una risposta lecita, che le donne non sono un oggetto da guardare e toccare a piacimento, e che la parità di genere è un diritto fondamentale. Di certo, responsabilizzare la donna di una violenza subita, è un atto violento, non di prevenzione o sensibilizzazione.
Ricordiamoci che la violenza non fa altro che generare altra violenza. E che il victim blaming è un fenomeno che va sconfitto, mai alimentato. La scrittrice Giulia Blasi, nel suo libro “Manuale per Ragazze Rivoluzionarie“, dice che “le donne si preferisce piangerle da morte, piuttosto che aiutarle da vive”. La realtà è che spesso si riesce a incolparle anche da defunte, in seguito a un femminicidio. Tuttavia, oggi possiamo capire più che mai quanto questa frase sia sensata. Perché, a quanto pare, l’aiuto concreto, troppo spesso, è un’utopia.