sabato, Aprile 19, 2025

Trovata in Svezia una scultura fallica risalente all’età del bronzo

E’ databile a 3000 anni fa, periodo dell’età del bronzo medio tardo, la scultura fallica da pochi giorni trovata in Svezia da un team di archeologi svedesi negli scavi di Göteborg, città svedese affacciata sul Mare del Nord nel bacino dello Kattegat, sulla costa affacciante alla penisola danese dello Jutland. La pietra, alta ben 52 centimetri e di notevole peso, è un simbolo associato alla fertilità dei campi e degli armenti nonché raffigurazione apotropaica e propiziatoria della procreazione umana, perciò del mantenimento della specie e di conseguenza della continuazione della stirpe del villaggio.

Göteborg

Se in un primo momento, come spiega l’archeologa Gisela Angeby, si pensava fosse una tomba o un elemento associato al culto dei morti, il membro maschile gigante realizzato a tutto tondo millenni fa, si è accertato trattarsi in realtà proprio di un oggetto legato all’abbondanza e alla fertilità, condizioni fondamentali per le società del tempo le quali non sarebbero potute sopravvivere in occasioni di forti calamità naturali quali inondazioni o siccità.

Gisela Angeby

Da sempre il fallo, sempre rappresentato in erezione, pervenutoci nelle sue più svariate rappresentazioni, in immagini votive, piccole o grandi sculture in diversi materiali, si pensi per esempio al culto priapico, o in amuleti dalle più varie forme e caratteristiche, è fin dall’inizio dei tempi il simbolo per eccellenza della fertilità in ogni società antica sia essa organizzata intorno alla terra o fondata su un apparato sociale più complesso che deve essere rinnovato attraverso nuove nascite e che concede più spazio ai piaceri, si ricordi per quest’ultimo tipo di costituzione sociale le civiltà mesopotamiche più tarde o gli antichi greci e romani. Di certo per quanto riguarda le società più antiche come quella che ha costruito il fallo svedese, per di più così distanti dalla culla della civiltà nata intorno alla cosiddetta mezzaluna fertile localizzata in territorio mesopotamico, attuale Iraq, i rituali e le preghiere associate alla fertilità erano lungi dall’avere anche una valenza edonistica. Questi uomini del bronzo, così legati indissolubilmente alla terra e al loro territorio, elogiavano il fallo quasi come forma divina in quanto il solo che potesse, mediante una conformazioni di pensiero che si può definire proto o pseudomagica di queste civiltà, salvare la tribù dalle carestie mantenendo così in vita i raccolti e gli uomini.

Tintinnabulum portafortuna, ritrovamento di Pompei

La dipendenza verso il fallo era assolutamente inscindibile in quanto uno dei pochi talismani, se non il solo almeno per un certo periodo storico, in grado di contrastare le calamità che potevano estirpare da cima a fondo un apparato sociale fondato esclusivamente sui frutti della terra e vitalmente connesso a questa, così che se fosse accaduto un periodo di calamità o anche solo di impoverimento delle terre sarebbe stato difficile sopravvivere. Adorare il fallo significava mantenere vivo il semplice apparato sociale di quei popoli agricoltori, o anche nomadi, senza il culto del quale la superstizione avrebbe imposto l’avvento di tribolazioni e fatalità mortali e il conseguente annullamento della civiltà stessa. Se nelle società contemporanee è chiaramente inconcepibile un pensiero simile che implica il culto del fallo per l’evidente benessere che governa la maggior parte dei Paesi del mondo per l’importanza che ha l’industrializzazione e un nuovo concetto di scienza, religione e di organizzazione sociale, una riflessione però viene da fare.

Portafortuna casalingo a forma di fallo

Come concordano anche alcuni studiosi, quali antropologi, psicologi e sociologi in particolare, il fallo vissuto come aspetto apotropaico e divinatorio non è più da tempo considerato, non per questo però la sua importanza sociale è ancora molto sviluppata poiché l’elemento religioso che lo caratterizzava nelle civiltà antiche ha assunto nuova forma e nuovo aspetto nel senso ludico che ad oggi gli si attribuisce. Il pene è diventato da credenza religiosa sciamanica un elemento sfruttato similmente come oggetto per produrre piacere e sublimazione, perfino estasi. In quest’ultima accezione la considerazione che ha il fallo nelle società moderne non è molto diverso dalla concezione antica, considerando anche come il membro virile sia tutt’ora espressione del mantenimento dei rapporti umani e sociali che oltre all’amore e ai sentimenti mantiene salda la famiglia, e di conseguenza l’organizzazione privata e sociale quale una sorta di tutore dell’ordine. Per non parlare di quanto il membro sia importante, forse soltanto in apparenza in maniera paradossale se si accosta la Chiesa al fallo, anche se non ce se ne accorge o non sempre si cerca di ammetterlo, oltre che nei rapporti di coppia, pure in una concezione e costruzione sociale di tipo cristiano cattolico che fa della famiglia e della sua continuazione uno dei dogmi fondamentali.

Alessandro Pallara
Alessandro Pallara
Nasce a Ferrara nel marzo del 1996. Ha studiato sceneggiatura presso la Scuola Internazionale di Comics di Padova. Tuttora collabora come volontario supervisore del patrimonio artistico culturale con l'associazione Touring Club Italiano nella città di Bologna.

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