Qualcuno lo ha definito il salvatore dell’euro, qualcun altro un po’ più critico addirittura ha definito deludente il suo trascorso alla Bce.
Cosa ci raccontano i fatti.
Esordì il 26 luglio del 2012, con il programmatico è il celebre discorso del “whatever it takes” (“faremo tutto quello che è in nostro potere per salvare l’Euro e, fidatevi di me, sarà abbastanza). Con questa presa di posizione Draghi proiettò la politica monetaria in un territorio inesplorato. Quella della BCE fu una promessa aperta, che mantenne un certo grado di imprevedibilità.
Non so se sia possibile dire che Mario Draghi, abbia effettivamente salvato l’Euro, ma certamente e stato protagonista di misure innovative che nessuno fino a quel momento avesse fatto, quelle anche definite misure “non convenzionali”.
Il Whatever it takes comincia così:
Il via libera all’Omt, lo strumento mai usato dalla Bce
il consiglio direttivo della Bce del 2 agosto annunciò l’Omt, letteralmente «Outright monetary transactions», cioè la possibilità per la Bce di acquistare direttamente titoli di Stato a beve termine emessi dai Paesi dell’eurozona in difficoltà grave e conclamata.
In cambio dell’intervento dell’Eurotower, il Paese che avviava un programma di aiuti finanziari, avrebbe dovuto accettare una serie di condizioni stringenti, sotto la vigilanza della troika, cioè le autorità europee rappresentate da Commissione Ue, Bce e Meccanismo europeo di Stabilità.
Dopo l’annuncio, le condizioni dettagliate dell’Omt vennero spiegate nel dettaglio il 6 settembre dalla Bce, che però non dovrà mai fare ricorso a questo strumento, osteggiato dalla Germania, che portò la Bce davanti alla Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe. ma i giudici tedeschi diedero ragione a Mario Draghi.
Il discorso di Jackson Hole, che anticipa il QE
Dal summit di Jackson Hole, il 22 agosto 2014, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi per la prima volta aprì le porte ad un «vasto programma di investimenti» europei e a politiche monetarie più morbide. “C’è bisogno di azione sia dal lato della domanda che dell’offerta, sia a livello europeo che nazionale. Senza una domanda aggregata più alta, rischiamo maggiore disoccupazione strutturale”, disse Draghi. “Ma le politiche per stimolare la domanda aggregata devono essere accompagnate da riforme nazionali strutturali”
Aggiunse inoltre, “Sarebbe utile se la politica fiscale potesse giocare un ruolo più grande accanto alla politica monetaria e credo che ci sia spazio per questo, pur tenendo conto delle nostre condizioni iniziali specifiche e dei vincoli legali”. Sono parole nuove. Draghi chiedeva “politiche fiscali più favorevoli alla crescita”.
La Bce lancia le misure non convenzionali
Nel marzo 2015 parte il Quantitative Easing nella zona euro, cioè un programma di acquisto di titoli sul mercato da parte della Bce da 60 miliardi al mese, deciso dal consiglio direttivo del 4 dicembre 2014. Dopo le banche centrali di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone, anche la Bce guidata da Mario Draghi ricorse dunque a misure di politica monetaria non convenzionali per stimolare l’economia e contrastare il rischio di deflazione. Secondo i piani iniziali l Qe sarebbe proseguito almeno fino a settembre 2016, per un valore complessivo di oltre mille miliardi. Durerà fino al dicembre 2018 raggiungendo un totale di 2.600 miliardi di euro di titoli acquistati dalal Bce, che oltre a titoli di Stato ha comprato anche obbligazioni societarie e Abs (asset backed securities)
L’ultimo annuncio di Draghi è stato quello di lasciare l’eredità al suo successore, la francese Christine Lagarde, ovvero dato il peggioramento dell’economia nell’eurozona ,più serio del previsto convince, il presidente della Bce Mario Draghi a riavviare il Qe, con un programma di acquisti che parte da novembre, e a tagliare ulteriormente i tassi deposito presso la Bce, già negativi, da -0,40 a -0,50%. Con un’altra novità, afferma Draghi, “Non figurano più limiti di tempo, il programma durerà finché necessario e terminerà solo poco prima che la Bce alzerà i tassi. Ma l’inflazione dovrà essere “robusta e sufficientemente vicina al target del 2%”
Alla fine del suo mandato possiamo dire che Draghi sia stato un guidatore che ha dovuto raggirare molti ostacoli , è stato un grande attivista ha affrontato con coraggio situazioni che avrebbero portato lo sgretolamento dell’Europa, uno su tutti ricordiamo la situazione Greca, quella italiana, quella del portogallo. Oggi, però, ci lascia nonostante tutto con una economia in peggioramento, lontana da un tasso di inflazione vicino al target del 2% e soprattutto cosa ancora più grave e che i paesi che ne fanno parte non hanno seguito gli stimoli che la Bce ha dato in questi anni, le riforme dovevano essere fatte come lo stesso Draghi ha affermato più volte.
Il treno Draghi è passato ora è di vedere cosa Legarde sarà capace di raccogliere dell’era superMario.