mercoledì, Aprile 16, 2025

Sulle tracce di Aldo Moro. Mario Scialoja “La retata”

 

Il giornalista Mario Scialoja, del settimanale “L’Espresso”, è certamente uno dei cronisti che meglio conosceva i meccanismi decisionali all’interno delle brigate rosse. Attraverso i suoi articoli, sia durante il sequestro Moro, che successivamente – basta pensare ai suoi resoconti durante il ritrovamento del memoriale a Milano, in via Monte Nevoso – emergono episodi inediti che  hanno prodotto tante discussioni. In un articolo, pubblicato sul numero del 16 aprile 1978, dal suo settimanale con il titolo “La retata” si legge: “Da qualche giorno nell’aggrovigliato caos che sono le indagini sul rapimento Moro incombe un’ombra: quella del “disciolto gruppo Potere operaio”, come la definiscono gli stessi inquirenti. Il pomeriggio del 31 marzo lo stato maggiore di Francesco Cossiga, ministro dell’Interno, decise che non era più possibile continuare a dare l’impressione di brancolare nel buio. Bisognava dare la sensazione di lavorare a qualcosa di concreto, e farlo presto. Così la segreteria del Viminale fece partire per la questura, l’ufficio politico e i carabinieri un ordine categorico: fornire subito le piste da potere imboccare per smascherare almeno qualche fiancheggiatore dei brigatisti, per snidare qualche elemento della discussa area di consenso, la “risaia” in cui nuotano i brigatisti. Nel continuare il suo racconto, sulle colonne del settimanale, il bene informato (da chi?)


Il giornalista Mario Scialoja

giornalista Mario Scialoja afferma: “Gli esperti di antiterrorismo e gli specialisti della Digos si mostrarono subito scettici. Comunque, di fronte alle insistenti richieste, riesumarono i vecchi dossier compilati dai commissariati di zona e in particolare un voluminoso rapporto sulla storia e lo scioglimento di Potere operaio, redatto a cura del colonnello Cornacchia del nucleo investigativo dei carabinieri. Sia per rivalità professionali, sia per maggiore informazione, il capo del’ufficio politico romano Domenico Spinella fece subito capire che, a suo parere, con tali elementi non era possibile agganciare il filo rosso che porta ai sequestratori di Moro e ai loro fiancheggiatori”.

 

 

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