sabato, Aprile 19, 2025

Sulle tracce di Ado Moro. Mino Pecorelli e Osservatore Politico (OP) del 4 aprile 1978

Mino Pecorelli fu tra i pochissimi giornalisti italiani che durante il sequestro Moro, e subito dopo,  intrapresero la strada del giornalismo d’inchiesta. Utilizzando canali particolari ha sempre dato l’impressione di essere stato particolarmente informato sulla vicenda. Attraverso la sua rivista “Osservatore politico” informava l’opinione pubblica sulle indagini, sulle decisioni nei palazzi, sugli intrighi internazionali, poneva quesiti pubblici che gli italiani si ponevano in privato. Informava con un suo linguaggio originale. Un percorso, non solo giornalistico, interrotto barbaramente con la sua uccisione, avvenuta a Roma il 20 marzo 1979. Nell’articolo apparso il 4 aprile 1978 scr


Mino Pecorelli e Osservatore Politico

iveva “Al termine di affannose consultazioni, la segreteria democristiana ha deciso di non trattare con le Brigate Rosse lo scambio del presidente Moro. Gli ultimi dubbi di alcuni dirigenti dc, sono stati vinti da una nota ufficiale del partito comunista italiano che li ha invitati a tenere duro. Così è stato fatto. Aldo Moro sarà sacrificato sull’altare della ragion di stato. Di quale stato? Incapace di amministrare la giustizia, incapace di difendere i cittadini, incapace di punire disonesti e speculatori, incapace di offrire prospettive al paese, privo di autorità di ordine e di morale, questo stato oggi si tiene in piedi solo rinnovando il macabro rituale del sacrificio umano. Quelli stessi che oggi hanno rifiutato di salvare la vita a Moro, sono gli stessi che ieri inveivano contro la Germania e contro Israele rei di non voler trattare con i terroristi palestinesi; sono gli stessi che hanno plaudito alla de tedesca disposta a trattare per Lorenz. Perché allora non trattare per Moro? A chi giova non trattare? Se al posto di Moro vi fosse stato Berlinguer, Zaccagnini & Soci avrebbero egualmente mostrato tanta sicurezza d’animo, avrebbero egualmente invocato una ragion di Stato che solo un Bismark ha il diritto di invocare? Sono legittimi tutti gli interrogativi. Perché uno stato sbracato, senza leggi e senza morale, avrebbe dovuto trattare subito, cedere senza batter ciglio Curcio, Franceschini e quant’altro gli fosse stato chiesto. Tanto che se ne fa di un Curcio in galera a bere champagne e ad irridere alla magistratura? Che se ne fa di un Curcio in galera dove fa prosèliti ed è più pericoloso che fuori? Che se ne fa di un Curcio che evaderà appena lo riterrà opportuno? La decisione di non trattare è iniqua e inopportuna, ispirata da una logica perversa e suicida. Non accettando le trattative, la dc s’è detta indifferente alla morte di Moro. Che succederà se le BR non dovessero restituire il loro legittimo capo ai democristiani?”

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