Treviso: dipendente di un’azienda metalmeccanica risarcita per un incidente avvenuto in modalità smart working. La donna, grazie al ricorso presentato con l’aiuto della Cgil trevigiana, è riuscita ad ottenere il risarcimento. Infatti l’INAIL, dopo un iniziale diniego, ha riconosciuto l’infortunio sul lavoro risarcendo la donna con 20.000 euro. È il primo caso, destinato a fare scuola, in cui viene riconosciuto come infortunio sul luogo di lavoro un incidente avvenuto durante lo smart working.
Dipendente risarcita per infortunio in smart working: cosa è successo?
La protagonista della vicenda è una donna 50enne di Treviso, impiegata amministrativa presso un’azienda metalmeccanica, che nel mese di settembre ha subito una brutta caduta durante la sua attività lavorativa in smart working. Infatti la dipendente, durante una telefonata (attraverso lo smartphone aziendale) con una collega di lavoro, è caduta rovinosamente dalle scale della propria abitazione subendo alcune fratture. A quel punto la donna, a causa delle fratture subite, si è recata immediatamente al pronto soccorso.
Infatti, come spiega Valentina Dalle Feste (responsabile del settore tutela della salute della Cgil di Treviso) al Gazzettino: “La dipendente è andata subito in pronto soccorso dove ha accuratamente raccontato cosa le era accaduto, quando e in che modalità. Da lì, come da prassi, è partita la segnalazione all’INAIL, mentre la donna ha denunciato l’infortunio al suo datore di lavoro”.
Tuttavia, come anticipato, il risarcimento oggi ottenuto non è stato per nulla scontato e immediato. Infatti l’INAIL, inizialmente, non aveva riconosciuto l’infortunio sul lavoro. Questo perché, non riteneva che ci fosse un nesso di causalità tra l’attività che la donna stava svolgendo al momento della caduta e le sue specifiche mansioni aziendali.
Il ricorso all’INAIL
A quel punto, ricevuto il diniego da parte dell’INAIL, la donna si è rivolta al proprio sindacato, il quale si è immediatamente attivato per presentare ricorso amministrativo nei confronti dell’Istituto. Infatti, come spiega la Cgil: “La signora è venuta da noi e abbiamo fatto subito un ricorso amministrativo all’INAIL. E così, tutta la pratica è stata ripresa in mano”.
Così, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dopo un’attenta revisione del caso, è tornato sui suoi passi. Ha infatti riconosciuto l’esistenza di un nesso di causalità tra l’incidente in casa e l’attività lavorativa svolta dalla donna in smart working. Cosa ha fatto cambiare idea all’INAIL? La responsabile del settore salute della Cgil di Treviso sottolinea come sia stato determinante un elemento che non poteva non essere preso in considerazione dall’Istituto. Infatti, Valentina Dalle Feste afferma: “Determinante è stato l’essere caduta telefonando a una collega con il telefono di lavoro”.
Ed ecco quindi che, grazie al supporto della Cgil, l’impiegata trevigiana è riuscita ad ottenere: non solo la copertura dei giorni di malattia ma anche 20.000 euro di risarcimento per danno biologico. Inoltre, la donna avrà diritto a visite e terapie gratis senza obbligo di ticket per i prossimi dieci anni.
Dipendente risarcita per infortunio in smart working: una decisione che farà scuola
Soddisfatti per il risultato ottenuto, dalla CGIL di Treviso fanno sapere come questa decisione sia destinata a fare scuola e costituire un importante precedente. Infatti, la CGIL trevigiana ammette: “È la prima volta che viene riconosciuto un infortunio sul posto di lavoro in modalità smart working. Il ricorso che abbiamo presentato sta facendo scuola. L’INAIL ha riconosciuto un nesso di causalità dimostrando un atteggiamento di grande disponibilità. Questo precedente adesso farà diritto”.
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