Mangiare, bere e fumare: tre azioni che apparentemente legate alla sfera privata, ma dalle ricadute sociali vastissime. Molto più di altre scelte oggi all’attenzione dell’opinione pubblica.
Mangiare
Mangiare è uno dei cardini del nostro stile di vita individuale: rimanda ad una idea di intimità, anche se il più delle volte condivisa con altri.
Mangiamo per sostenerci, ma, nel farlo, rispondiamo anche ad altri bisogni non strettamente fisiologici. Uno è quello di socializzare, di ritualizzare alcuni momenti della giornata; l’altro di mettere in atto strategie di compensazione emotiva.
Tra i vari cibi, la carne – e i suoi derivati – costituisce il piatto forte. Lasciando da parte ogni considerazione di ordine etico (che pure meriterebbe un approfondimento), gli allevamenti industriali nei quali è organizzata la maggior parte della produzione inquinano acqua, suolo e aria e contribuiscono al cambiamento climatico e alla deforestazione necessaria per fare spazio ai pascoli ed alle monocolture da cui ottenere mangimi.
L’eccessivo consumo di proteine e grassi animali nei Paesi sviluppati è associato – assieme ad altri fattori – a un aumento dell’obesità, a disturbi cardiovascolari e persino ad alcune forme di cancro.
Un capitolo a parte è rappresentato dal fenomeno del cosiddetto junk food, il cibo spazzatura, talmente attraente per i sensi da creare rischi di dipendenza attraverso un sapiente quanto dannoso mix di zuccheri, grassi e sale, tre esaltatori del gusto capaci di suscitare lo stimolo della fame anche in condizioni di sazietà.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che, se non varia il trend, nel 2030 il 50% delle donne e il 70% degli uomini potrebbero avere seri problemi con la bilancia, e il 13% di obesità (negli USA il 47%).
E sottolinea che il problema non riguarda soltanto loro, ma si ripercuote sull’intera collettività che contribuisce a finanziare il costo per le patologie collegate a tale condizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Evidentemente cosa mangiare, e quanto, non è una questione esclusivamente personale.
Bere
Una recente ricerca sul fenomeno dell’alcolismo in Italia realizzata da Eurispes-EMPAM delinea nel dettaglio le diverse variabili del fenomeno.
https://eurispes.eu/ricerca-rapporto/indagine-sullalcolismo-in-italia-tre-percorsi-di-ricerca-2018/
Dal quadro di contesto emerge che si beve ovunque, in qualunque momento, spesso lontano dai pasti, e sono soprattutto sono i più giovani a farlo
Il consumo eccessivo appare in netta ascesa, e per i medici intervistati non appartiene a nessuna particolare tipologia di paziente ma è trasversale all’intera società.
L’alcool è la sostanza psicotropa che sviluppa maggiore dipendenza, più del tabacco, delle droghe sintetiche e della cocaina; è il primo fattore di rischio per la salute in Europa, al pari di fumo e all’ipertensione.
In Italia, l’uso di sostanze alcoliche è tra le prime cause di morte tra i giovanissimi, spesso in seguito a incidenti stradali.
Le complicanze collegate al consumo – e soprattutto all’abuso – di alcool (al netto delle correlate problematiche legate alla criminalità e all’ordine pubblico), da sole assorbono circa il 10% della spesa sanitaria nazionale totale.
Si stima in 435.000 i morti in dieci anni per patologie alcool-correlate, incidenti stradali, sul lavoro, domestici, omicidi o suicidi legati allo stato di alterazione psicofisica.
Anche bere ha importanti ripercussioni sulla vita comune.
Fumare
In Italia fuma oltre una persona su quattro: circa 10 milioni. Il tabagismo il principale fattore di rischio per il tumore ai polmoni.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che, soltanto nel secolo scorso, sono stati 100 milioni i decessi legati al consumo di tabacco, e che entro la fine di quello in corso, potrebbero salire addirittura a un miliardo; circa 6 milioni di persone ogni anno, con un costo in spese sanitarie e una perdita di produttività di oltre 1000 miliardi di dollari.
https://www.epicentro.iss.it/fumo/
In Italia il fumo uccide dieci volte di più degli incidenti stradali; secondo l’AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro), con un costo stimato tra i 6 e i 10 miliardi per la collettività.
Il fumo passivo: quando sono gli altri ad ammalarsi a causa nostra
Un capitolo a parte merita il fumo passivo; classificato come cancerogeno del gruppo I dalla IARC, è responsabile di 600mila decessi l’anno nella sola Europa, 165mila dei quali sono bambini che vivono in casa con un fumatore.
https://www.peterpanodv.it/fumo-passivo-fa-603mila-morti-l-anno-nel-mondo-165mila-bimbi/
Ne è abitualmente esposto il 52% dei minori, anche attraverso i capelli, le mani e gli abiti dei fumatori, nonché gli ambienti domestici.
Colpisce come di fronte ad una evidenza scientifica, l’opinione pubblica, oggi come mai attenta e rigorosa alle certezze della scienza, mantiene una diffusa, colpevole e ingiustificata tolleranza, nei confronti dei tabagisti, dannosi non solo per sé (anche se i costi per la loro salute ricadono comunque sulla collettività), ma anche per gli altri.
Guardare il dito e non vedere la luna
Mangiare, bere e fumare: tre azioni che apparentemente legate alla sfera privata, ma dalle ricadute sociali vastissime, in cui il legislatore non interviene o lo fa in punta di piedi.
Ma è difficile affrontare questi temi senza scatenare reazioni. Il problema è che tutti noi tendiamo a difendere scelte e convinzioni preconcette, viceversa condannando chi le mette in discussione, tentando di eludere le nostre responsabilità anziché aprirci al dialogo.
Giudicando chi contraddice quello che facciamo o pensiamo un millantatore o un allarmista; o peggio ancora, un individuo pericoloso.
La voce rassicurante di chi non crea conflitti di coscienza invece spicca sempre sopra le altre. Ecco perché l’opinione pubblica oggi sembra favorevole all’ipotesi di un criterio di accesso alla sanità condizionato a determinate scelte,
Scelte che, indirettamente, non mettono però in discussione certe consolidate, cattive, abitudini sancite come tali da una consolidata letteratura scientifica.
Cattiva alimentazione, alcool, tabagismo: milioni di morti e miliardi di spesa a carico del servizio sanitario nazionale. A cui posiamo aggiungere l’inquinamento. Tutti fattori sui quali ognuno può intervenire facendo la propria parte.
Più semplice – e soprattutto meno costoso per le proprie consolidate abitudini – dare la colpa a qualcun altro delle difficoltà in cui versa, da anni, la Sanità – non solo in questi ultimi due anni.
Ma non dimentichiamo mai che il presupposto dei sistemi di welfare è che deve essere curato chi ha bisogno, non chi può permetterselo, o peggio ancora chi si attiene a determinate regole.
La sanità pubblica è una conquista troppo preziosa per essere abbandonata.