mercoledì, Aprile 16, 2025

Scontri in Myanmar: altri sei manifestanti uccisi

Altri sei manifestanti sono stati uccisi negli scontri in Myanmar, durante diverse proteste contro il colpo di Stato. Quattro persone sono state uccise durante una protesta nella regione di Sagaing, mentre gli altri due sono morti a Mandalay, nell’omonima provincia, nel corso di un’altra protesta. Un membro del team dei soccorritori, Myo Min Tun, ha affermato: “La mia squadra si è occupata dei cadaveri e ha contattato le famiglie”.

Scontri in Myanmar: cos’è successo?

Proseguono le proteste contro il colpo di Stato in Myanmar e anche le repressioni da parte delle forze di sicurezza. Secondo le agenzie di stampa e media locali le forze di sicurezza avrebbe aperto il fuoco sui manifestanti in diverse città birmane. Avrebbero quindi ucciso almeno sei persone e ferite molte altre. Diversi testimoni hanno riferito che due persone sono state uccise nella seconda città più grande di Mandalay. Mentre almeno altre quattro sono state uccise nella città di Monywa, nella regione centrale di Sagaing. Un medico ha riferito all’agenzia stampa AFP che un manifestante è stato colpito al petto a Mandalay. Mentre un’altra donna di 19 anni è stata colpita alla testa. Anche il Frontier Magazine ha riferito di diversi omicidi da parte della polizia.

Un soccorritore ha riferito all’AFP che nella città di Monywa la sua squadra ha gestito i cadaveri di quattro persone e ha contattato le loro famiglie. La Monywa Gazette, un’agenzia di stampa locale, ha calcolato che il bilancio delle vittime dall’inizio degli scontri è di cinque persone. Secondo il sito web Myanmar Now, vi sono state anche diverse segnalazioni di incendi e feriti nella città principale di Yangon. Qui le forze di sicurezza hanno arrestato 300 persone e picchiato violentemente alcuni manifestanti. Il sito riferisce anche che la polizia e i soldati hanno bloccato lo svincolo del centro Hledan e lanciato gas lacrimogeni contro i manifestanti nella zona di Sachaung di Yangon.

Myanmar nel caos dal 1° febbraio

Il Myanmar si trova nel caos da quando il 1° febbraio i militari hanno preso il potere con un colpo di Stato e hanno arrestato gran parte della leadership del paese, inclusa la leader Aung San Suu Kyi. L’esercito ha giustificato la presa di potere con accuse infondate su frodi diffuse nelle elezioni del novembre del 2020. Tali elezioni avevano riportato al potere la Lega nazionale per la democrazia (NLD) di Aung San Suu Kyi. Dopo il golpe numerose persone sono scese in piazza e le forze dell’ordine hanno iniziato ad usare la forza.

L’ASEAN si riunisce per trovare una soluzione

Gli omicidi sono avvenuti mentre l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN) non è riuscita a trovare una soluzione in una riunione virtuale dei ministri degli esteri sul Myanmar. Anche uniti in un appello alla moderazione, solo quattro membri – Indonesia, Malesia, Filippine e Singapore – hanno chiesto il rilascio di Aung San Suu Kyi e di altri detenuti. Intanto le autorità militari birmane hanno licenziato l’ambasciatore del Myanmar presso le Nazioni Unite a New York, Kyaw Moe Tun. Quest’ultimo ha insistito di rimanere il rappresentante legittimo del paese all’ONU.


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