giovedì, Aprile 17, 2025

Raymond Chandler, il padrino dell’hard-boiled

Raymond Chandler è stato forse il più abile e rappresentativo autore di narrativa hard-boiled, un genere letterario inaugurato da Dashiell Hammett negli anni venti e poi perfezionato dallo stesso Chandler negli anni trenta. Quello che differenzia l’hard-boiled dal giallo alla Agatha Christie è la presenza di scontri a fuoco, scene di sesso e violenza cruda alla Tarantino. Ce la vedete Miss Marple a fare sesso sadomaso dopo una sparatoria con una banda di criminali? Nemmeno io.

Chandler prese gli elementi già utilizzati da Hammett e ne tirò fuori romanzi e racconti di un certo spessore. Il suo Philip Marlowe è nell’olimpo dei personaggi meglio riusciti: un detective che fuma e beve whisky mentre si frigge le uova, gira per i bar più malfamati in compagnia della sua sputafuoco e ha un debole per le dark lady. È già di per sé hard-boiled, a ben vedere. Non è un caso che Chandler abbia ispirato autori del calibro di Bukowski. Nick Belane, il detective privato che il “poeta sporcaccione” delinea in Pulp, ha le caratteristiche per essere l’alter ego di Marlowe.

La forza della prosa di Chandler, la rudezza delle vicende e la caratterizzazione dei personaggi sono da addebitare ai trascorsi dello scrittore. Chandler non se la passava bene all’inizio degli anni ‘30. Lavorava per un’azienda petrolifera, ma in quel periodo non scrisse neanche una lista della spesa. La cosa lo mandò in crisi nonostante il successo lavorativo. Iniziò a bere e a spassarsela con le segretarie. Il matrimonio con Cissy Pascal, che sposò nel ’24,  naufragò e Chandler perse il lavoro, che comunque odiava, ma si ricongiunse alla macchina da scrivere. Cominciò a scrivere pulp fiction per guadagnarsi la pagnotta e la rivista Black Mask pubblicò un suo racconto. A 45 anni, la carriera di scrittore di Raymond Chandler iniziò a decollare. Persino il rapporto con Cissy migliorò, tanto che i due tornarono insieme.

Non guadagnava quanto col vecchio lavoro ma era felice.

Quando morì, il 26 marzo del 1955, stava ultimando l’ottavo romanzo della saga di Marlowe, che restò incompleto. In vita, nonostante l’aggiudicazione del prestigioso Edgar Allan Poe Award per il Lungo Addio, altro libro della serie di Marlowe, non salì mai sul podio degli autori più celebrati. La considerazione che avevano di lui era quella che si riservi ad un eccentrico intellettuale prestato alla letteratura. In un articolo per il Washington Post, il critico Patrick Anderson definì sconclusionate e incoerenti le trame di Chandler.

Non aveva ancora letto Il Pasto Nudo di William Borroughs.

Certo è che i registi dell’epoca apprezzarono i suoi lavori. Il grande schermo prese a prestito le vicende di Marlowe in più di un’occasione. E come il cinema, anche il romanzo giallo deve molto a Chandler. Il creatore di Marlowe ha portato in auge il tratteggio modernistico che Hammett aveva cominciato prima di lui., evidenziando le falle del giallo classico e fornendo un’alternativa alla piatta narrazione di alcuni scrittori antesignani del genere.

Tra le opere degne di nota c’è da segnalare una saggio intitolato La semplice arte del delitto, nel quale Chandler si scaglia sul giallo classico e fornisce ottimi e sensati consigli sulla stesura di un buon romanzo, come una sorta di mappa celeste che un marinaio debba seguire per ritrovare la strada di casa.

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