Anche in un mondo globale le emozioni continuano ad avere ancora un significato e non possono essere banalizzate in quanto sono quelle a renderci “uomini”, cioè soggetti razionali e sociali, capaci di comunicare e di comprenderci. Questo confine non può essere oltrepassato solo per una questione di marketing mediatico ed in particolar modo, quando ad essere rappresentate sono le vittime di un’altra nazionalità, con una propria storia, cultura, visione della realtà e una sfera emotiva differente da altri Paesi. Il filosofo francese Paul Ricoeur la chiamava “situazione limite”: bisogna essere in grado di comprendere quando una cosa nutre o danneggia una società.
La recente vicenda riguardante le vignette , considerate “satiriche”,pubblicate da Charlie Hebdo ,che ritraggono le vittime italiane del violento sisma che ha colpito il Centro Italia, in particolare quelle rimaste intrappolate nel Hotel di Rigopiano, ha ovviamente fatto discutere anche sui social tra insulti, proteste e anche qualche seria riflessione. Molti italiani in primis , sono rimasti scioccati da tali vignette e si sono fortemente indignati contro quei stessi autori francesi che, fino a poco tempo fa , godevano di abbracci, vicinanza, affetto (reali e virtuali) da parte di tutto il mondo , in quanto anche loro vittime di un altro tragico fenomeno e cioè quello del terrorismo.
Quello che Charlie sembra aver dimenticato, è che esiste ancora un’ETICA della comunicazione anche nell’era del digitale:rendere qualsiasi cosa uno “spettacolo” e pretendere addirittura applausi e sorrisi alla fine della “messa in scena” , non è più umanamente possibile ed accettabile.
La morte che scia sulla neve, rappresentata da Charlie, ha perso però la gara : viene infatti inaspettatamente superata a tutta velocità da un soccorritore alpino con dito medio alzato e bandiera impugnata con orgoglio, l’obiettivo è arrivare per arrivare per primo sul luogo del disastro.
Cosi ha saggiamente risposto con una contro-vignetta il disegnatore Ghisberto.
La solidarietà italiana è più forte di qualsiasi altra forma di comunicazione e di umanità, soprattutto quando la satira non fa ridere.