Non esiste una razza diversa da un’altra, esiste solo ciò che produce il nostro cervello e non è affatto positivo
“Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine. Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza. Einstein 1950”
Quanto sopra citato è una lettera scritta da Albert Einstein ad R.S. Marcus (direttore politico del World Jewish Congress) e spiegherebbe forse la frase erroneamente a lui attribuita di “appartenente alla razza umana”.
Già nel 1950 l’UNESCO affermava senza dubbio alcuno che tutti gli esseri umani appartengono alla stessa specie e che la “razza” non è una realtà biologica ma una brutta leggenda. Non sarebbe stato necessario, ma a supporto di ciò vi era dietro un gruppo internazionale di antropologi, genetisti, sociologi e psicologi.
Ma questo non ha impedito a nessuno di continuare ad appellarsi a razza superiore o razza pura.
Ora anche l’American Society of Human Genetics (ASHG), la più grande organizzazione professionale di scienziati che lavorano nella genetica umana e che conta circa 8.000 membri ha chiarito nuovamente che il concetto di “purezza della razza” non ha alcun senso. L’ASHG chiarisce anche che, per quanto riguarda gli scienziati, l’antico concetto di razza è sbagliato e gli umani non possono essere suddivisi in sottocategorie che sarebbero biologicamente diverse l’una dall’altra.
Ma in realtà, da dove nascono queste distinzioni razziste?
Semplice! Dagli aspetti più oscuri della natura umana.
Gli studi e le ricerche dipingono un quadro spaventoso di quello che siamo.
Consideriamo le minoranze e le persone vulnerabili inferiori a noi, lo dice la storia…ma attualmente non viene smentita detta considerazione. Percepiamo gli umani in difficoltà oppure con un basso profilo inferiori a noi e in realtà siamo diretti più che alla compassione alla disumanizzazione. Disumanizzazione che secondi alcuni studi inizia precocemente ossia nei bimbi di quattro o cinque anni, pressappoco.
Il peggio della natura umana
Crediamo nel karma e nella giustizia divina creando e credendo in un circolo di eventi che ci ripagheranno del male che crediamo di ricevere. Questo porta a giudicare la vita di chi è in difficoltà come meritata. A meno che le vittime non siamo noi; incolpiamo i poveri, le vittime dello stupro, i malati di AIDS e altri per il loro destino, in modo da preservare la nostra fiducia in un mondo giusto.
Gli studi sempre attuali di Milgram , Zimbardo e Asch ancora oggi mostrano come siamo inclini a puntare il dito.
Pensare di cambiare punto di vista, mina la nostra stabilità, sparisce la zona di confort in cui abbiamo sempre vissuto ed è per tale motivo che continuiamo a portarci dietro convinzioni vecchie di millenni nonostante il progresso e la cultura.
Siamo inguaribilmente ipocriti
E’ un fenomenologia assurda detta asimmetria attore-osservatore: descrive la nostra tendenza ad attribuire le cattive azioni di altre persone, come atrocità , mentre noi ci crediamo influenzati dalle situazioni. Questa visione egoistica spiega bene la sensazione comune che l’inciviltà sia in aumento. E’ raddoppiata perché noi ci giustifichiamo. Peggio ancora spiega l’accanimento contro gli immigrati che stuprano e uccidono, ma si rimane stupiti e scioccati dal vicino di casa che ammazza una famiglia intera. E ingigantita spiega il razzismo senza fine.
Come si può invertire la tendenza?
Dovremmo essere in grado di stare con noi stessi, ma secondo ulteriori studi, ne siamo incapaci. In uno studio del 2014 il 67% degli uomini e il 25% delle donne hanno scelto di ricevere scosse elettriche invece di trascorrere 15 minuti in silenzio con se stessi. Adesso la condizione di solitudine, fatto salvo per i meditatori, è ancor di più una chimera visto l’assiduo utilizzo dei social. Social che grazie all’anonimato ci peggiora in ipocrisia e in cattiveria.
Come del resto ha sostenuto Vittorino Andreoli, psichiatra e scrittore italiano: “La solitudine è una pace inaccettabile”.
Dove ci stiamo dirigendo?
Dire contro un muro sarebbe ottimistico. Ci stiamo dirigendo nel passato arricchito di crimini peggiorativi. Peggiorativi perché dovremmo avere dalla nostra la storia, la cultura, l’esperienza e la consapevolezza. Invece no, non siamo in grado di consapevolizzare gli avvenimenti e neanche l’andatura della massa. Su quali basi si possono fare queste affermazioni? Se così non fosse dovremmo scegliere leader politici differenti, soprattutto non razzisti.
Dan McAdams, un professore di psicologia della personalità, ha recentemente concluso che un leader come Trump ha una tendenza orientata al dominio, e che le sue parole sempre minacciose e violente sono proprio progettate per intimorire. Eppure la massa lo ha scelto. E’ chiaramente un individuo non autorevole, ma autoritario, despota e omofobo, eppure è il Presidente degli Stati Uniti.
Concludendo, in molti paesi del mondo la maggioranza dei cittadini ha una grande necessità di dare una svolta alla propria vita e alle proprie vedute. Dovremmo ricercare la solitudine, meditare, smettere di giudicare e soprattutto iniziare a pensare che se mai si potesse parlare di razze, dovremmo essere noi e non gli oppressi quelle inferiori.