Chi non ha mai giocato a Monòpoly una volta della vita alzi la mano. E anche qualora questo qualcuno esista, di sicuro egli non alzerà la mano alla domanda Chi non ha mai sentito parlare di Monopoly? Stiamo infatti parlando del gioco da tavola entrato per ben due volte nel Guiness dei Primati del più diffuso al mondo.
Le sue pedine a fiaschetto di vino, candela, funghetto, pera e piantina hanno accompagnato le ore fra una portata e l’altra di infiniti giorni di Natale in famiglia. In ogni famiglia c’è il cugino neo imprenditore che vince sempre e i fratellini che piangono per prendere il funghetto. Il nonno che inforca gli occhiali per leggere gli imprevisti e la mamma che chiama per la cena mentre il gioco è ancora in corso.

Forse non tutti sanno che il Monòpoly, ovvero uno dei giochi da tavola più amati dalle famiglie moderne, è invece nato come un serissimo business game, ovvero un gioco educativo studiato ad hoc per istruire futuri imprenditori di inizio ‘900.
I business game, di cui Monòpoly è il primo più illustre, sono ambienti di apprendimento controllati che mettono a disposizione di formatori e partecipanti un contesto dinamico e molto coinvolgente, entro il quale sono chiamati a prendere decisioni complesse di gestione aziendale, markenting e strategia business oriented.

La storia usa datare al 1935 la nascita del Monòpoly. Attribuendo ad un certo Charles Darrow, ingegnere disoccupato di Filadelfia, la sua invenzione. Darrow avrebbe provato a vendere i brevetti di questo nuovo gioco alla Parker & Brothers, all’epoca la maggior produttrice di giochi da tavola, ma, la leggenda narra, l’azienda avrebbe rifiutato.
Nello stile del perfetto self made man americano, Darrow non si sarebbe dato per vinto e avrebbe deciso di auto produrre il gioco. Le copie furono distribuite in un negozietto cittadino, arrivando velocemente a una quantità tale di vendite, da far ricredere la Parker & Brothers, che lo comprò ad un prezzo maggiorato solo un anno dopo nel 1935.
Un bella storia che sembra fare da giusta cornice al gioco. Di sicuro, raccontata prima di tirare il dado del primo giro, creerebbe un ambiente ottimale per iniziare. Peccato però che pare sia molto romanzata e non proprio vera.
Le vere origini del Monòpoly risalgono al 1903, quando una pedagogista di nome Elizabeth Magie inventò un gioco da tavola con intenti pedagogici dal nome The Landlord’s Game, il gioco del proprietario terriero. Maggie era una seguace di Henry George, un economista e politico americano di fine ottocento, che propagandava il diritto di ottenere ciò che si realizza col proprio lavoro. E cos’è il Monòpoly se non questo?

Il gioco del proprietario terriero, pur avendo intenti pedagogici, piacque moltissimo e in breve tempo era giocato in tutte le famiglie dell’epoca, proprio come l’attuale Monòpoly. Cambiò presto il suo nome in Auction Monopòly e poi solo Monopòly. Erano presenti le proprietà da acquistare, le ferrovie, gli angoli specifici e persino la prigione.

Pare proprio che Darrow non abbiamo inventato proprio nulla, semmai ha contribuito a rispolverare e trasformare per la grande distribuzione un gioco di quarantanni prima. Il che è comunque un buon risultato.
Nel 1955 fu inventata dalla RAND Corporation (USA) una versione leggermente modificata del business game dal nome Mopologs. Il gioco invece di vertere sulle strategie di costruzione del proprio capitale, verteva sulla rete degli acquisti, la supply chain trasformando i partecipanti in Direttori Acquisti. Evidentemente ha avuto molto meno fortuna del primo, non trovando la stessa formula accattivante di presentarsi.

Nel tempo sono state fatte moltissime versioni di Monòpoly, sia a livello internazionale che specifico per ogni nazione. In Italia abbiamo avuto, tra gli altri, il Monòpoly città di Italia, Monopòli Ferrari e Monopòly 150 giro d’Italia.
Prodotto nel bel paese da Editrice Giochi, presentava alcune personalizzazioni dovute al fatto che sotto il fascismo era obbligatorio italianizzare tutto. I nomi delle vie erano quelli della città di Milano, cosi come si presentava all’epoca, con l’eccezione di Vicolo Corto e Vicolo Stretto. Inoltre, era presente una Via del Fascio, che venne sostituita da una più neutra dopo la caduta fascista.
Un curiosità: le vie esistono ancora a Milano. Di seguito ve le indichiamo: viale Gran Sasso (nel gioco è chiamata bastioni), viale Monte Rosa, piazza Vesuvio, piazza Accademia, via Verdi, via Raffaello Sanzio, via Dante, via Marco Polo, via Magellano, corso Cristoforo Colombo, Stazione Ferrovie Nord, piazza Costantino, viale Traiano, piazzale Giulio Cesare, largo Augusto e via dei Giardini.
Chissà se la città di Milano vorrà fare un Monòpoly vivente in suo onore?