Il regime di Pechino stoppa la bozza di risoluzione Onu che condanna il golpe in Myanmar. Il Consiglio di sicurezza si è riunito martedì 2 febbraio, con l’intento di chiedere il ripristino della democrazia nel Paese, il rispetto dei diritti umani e il rilascio di tutti i prigionieri politici. Prima tra tutti, Aung San Suu Kyi, presa in custodia lunedì all’alba dall’esercito.
Myanmar: dov’è Aung San Suu Kyi?
Colpo di Stato Myanmar: arrestata Aung San Suu Kyi
Da quando l’esercito l’ha presa, non si è più avuta conferma ufficiale del suo luogo di detenzione. Secondo alcune fonti, sarebbe confinata nella sua abitazione e resterà agli arresti fino al 15 febbraio. Un tribunale ne ha ordinato la detenzione provvisoria con l’accusa di aver violato una legge sull’import-export di walkie-talkies. Si tratta di un reato punibile con 3 anni di carcere.
Le proteste nel Paese
Nella più grande città del Myanmar, Yangon, i segni di resistenza e disobbedienza civile sono aumentati, in risposta all’appello lanciato da Suu Kyi a non arrendersi ai generali. Inoltre, 70 ospedali e reparti medici in 30 città del Paese hanno interrotto il lavoro come forma di protesta, secondo una dichiarazione del Movimento di disobbedienza civile del Myanmar pubblicata su Facebook.
La posizione della Cina sul golpe in Myanmar
Come previsto, Pechino fa valere il suo potere di veto per difendere il Myanmar. La Cina si trova infatti costretta a difendersi dall’accusa di sostenere il golpe in Myanmar. «In quanto Paese amico del Myanmar, desideriamo che le parti possano risolvere adeguatamente le loro divergenze e sostenere la stabilità politica e sociale», ha detto il portavoce Wang Wenbin. Già nel 2017, la Cina, principale partner e protettore del Myanmar, lo aveva protetto da qualsiasi iniziativa del Consiglio di sicurezza in seguito alla pulizia etnica ai danni dell’etnia rohingya.
La condanna dell’ONU
Secondo quanto riporta la BBC, il Consiglio di sicurezza ONU non è riuscito a concordare una dichiarazione congiunta dopo che Pechino non l’ha appoggiata. In vista dei colloqui, l’inviata speciale delle Nazioni Unite per il Myanmar, Christine Schraner, aveva condannato fermamente la presa di potere militare. Il tutto era avvenuto dopo che l’esercito si era rifiutato di accettare l’esito delle elezioni generali tenutesi a novembre. Secondo la Schraner, “il recente risultato delle elezioni è stata una vittoria schiacciante” per il partito di Ann San Suu Kyi.
La condanna dei paesi del G7
È arrivata anche la condanna del G7: “Noi, i ministri degli Esteri del G7 di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti e l’Alto rappresentante dell’Unione Europea, siamo uniti nel condannare il colpo di Stato in Myanmar”. I ministri hanno invitato i militari a porre fine allo stato di emergenza e consentire l’accesso degli aiuti umanitari senza restrizioni.
Cosa ne pensa la Francia?
L’Unione Europea dovrà “considerare” nuove sanzioni contro i militari al potere nel Myanmar se non revocheranno lo stato di emergenza dichiarato lunedì. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, commentando il colpo di Stato nel Paese asiatico. “Se la situazione dovesse continuare, sarà necessario considerare a livello europeo ulteriori misure per sottolineare il nostro sostegno al processo democratico e la nostra volontà di non far scivolare questo Paese verso una dittatura militare”. Questo è quanto dichiarato e sottolineato dal capo della diplomazia francese in un’intervista a radio ‘Europe 1’.