Proseguono in Myanmar le rivolte contro il golpe di due settimane fa, che ha visto Aung San Suu Kyi arrestata insieme a centinaia di altri membri del suo governo democraticamente eletto. Centinaia di birmani sono scesi nuovamente in piazza per il decimo giorno consecutivo nonostante il giro di vite messo in atto dai militari golpisti. Domenica sono state arrestate numerose persone ed è stata aumentata la presenza di soldati in ogni città del Paese e bloccato l’accesso a internet.
Proteste in Myanmar: cos’è successo?
Aumenta la tensione in Myanmar dove, per il decimo giorno consecutivo, i manifestanti sono scesi nelle strade per denunciare il colpo di Stato avvenuto il primo febbraio. I militari hanno iniziato un giro di vite contro le proteste. Mezzi blindati sono comparsi per la prima volta lungo le strade della capitale commerciale Yangon. A Myikyina le forze dell’ordine hanno disperso le proteste sparando proiettili di gomma ma anche munizioni vere. Durante le proteste inoltre sono stati arrestati cinque giornalisti e numerose persone.
Decine di migliaia di persone continuano a protestare in tutto il Myanmar. Vi sono state manifestazioni a Yangon, Naypyidaw, Mandlaly, Tavoy e Waimaw. I manifestanti chiedono il rilascio immediato di Aung San Suu Kyi e dei membri del suo governo democraticamente eletto. Durante le proteste la folla si è radunata intorno all’Ambasciata americana, la quale ha lanciato l’allarme per movimenti di truppe nel Paese e possibili interruzioni delle comunicazioni. È stata aumentata la presenza militare in ogni città del Paese e inoltre è stato bloccato l’accesso a internet.
I media nel mirino dei generali golpisti
Nel mirino dei militari vi sono anche i media. In una nota diffusa dal Ministero dell’informazione si legge: “Informiamo i giornalisti e i gruppi editoriali che non devono scrivere allo scopo di causare tumulti di piazza”. Inoltre nella nota vi è scritto che i media sono invitati a seguire una non meglio specificata nuova etica per i media nel riportare quanto avviene nel Paese.
In arrivo l’aiuto dalla Cina?
Dopo il colpo di Stato del 1° febbraio la società civile si sta sempre più ribellando e il Paese rischia di rimanere paralizzato dagli scioperi. La comunità internazionale guarda con molta preoccupazione l’evoluzione della situazione in Birmania. Gli USA hanno imposto nuove sanzioni ai capi militari che hanno organizzato il golpe. E ora la preoccupazione sale mentre arriva la notizia che aerei da trasporto cinesi sono atterrati in Myanmar. L’occidente si chiede se per caso quegli aerei siano carichi di armi e altre attrezzature letali per porre fine alle proteste. L’esercito birmano infatti in passato ha sempre respinto con la forza le proteste pacifiche, provocando sempre migliaia di morti.