Svolta in Marocco: chi vuole lasciare l’islam non rischierà più la condanna a morte.
Tre anni fa il Consiglio superiore degli Ulema aveva emanato una “fatwa” dove approvava la pena capitale per chi avrebbe abbandonato la religione islamica. Lo stesso Consiglio religioso, guidato da re Mohammed VI ha ora rinnovato l’interpretazione della “ridda”: «L’interpretazione più accurata e la più coerente con la legislazione islamica e con l’esempio del Profeta, che la pace sia con lui – si legge nel testo del documento finale “La via degli Ulema” – è che l’uccisione dell’apostata riguardi chi tradisce la Umma, rivelandone i segreti, commettendo ciò che nel diritto internazionale è il “tradimento”». Viene punito con la morte quindi, l’altro l’alto tradimento “politico” e non il mero abbandono della propria fede.
Va avanti il rinnovamento verso una piena libertà religiosa messo in atto da re Mohammed VI, dopo la proibizione della produzione e vendita del burqa per “ragioni di sicurezza”. Tanto c’è ancora da fare sul piano della libertà di coscienza nel Paese africano: nell’ordinamento marocchino è previsto tuttora il carcere per chi impieghi “mezzi di convincimento” per indurre un musulmano a passare a un’altra religione. E per “mezzi di convincimento” si intendono anche istituzioni educative, sanitarie, asili o orfanotrofi gestiti dalla Chiesa.
FERNANDO PARROTTO RIZZELLO