
L’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) venne fondata il 14 settembre 1960 a Baghdad. Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait, Qatar e Venezuela sottoscrissero l’atto costitutivo dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio al termine di una Conferenza. Quest’ultima era stata promossa allo scopo di stabilire un atteggiamento comune dei paesi produttori di petrolio di fronte alla decisione presa dalle grandi società petrolifere. Queste erano note come le ”sette sorelle” (Standard Oil, Texaco, Exxon, Mobil, Gulf, Bp, Shell) e decretano la diminuzione del prezzo del greggio, anche allo scopo di tutelare gli interessi generali e particolari degli stati che ad essa avevano aderito.
L’OPEC – la sua storia
L’atto costitutivo entrò in vigore il 1° ottobre dello stesso anno. Successivamente, durante la 2ª Conferenza, tenutasi a Caracas nell’ottobre 1961, si adottò lo statuto dell’organizzazione che stabiliva i meccanismi decisionali e precisava i metodi d’azione. Lo statuto delineava anche le strutture organizzative prevedendo come organi di vertice la Conferenza e il Consiglio dei governatori, da cui dipendeva il Segretariato Generale dell’organizzazione. Inoltre, si definì lo status di membro, distinguendo tra membri fondatori e membri associati.
Nel novembre 1962 quest’organismo venne registrato presso il segretariato delle Nazioni Unite. Negli anni successivi, inoltre, si accrebbe il numero dei suoi membri con l’ammissione di Algeria, Ecuador, Gabon, Indonesia, Libia, Nigeria, Emirati Arabi Uniti.
Nel 1965 l’organizzazione interna, la disciplina dei suoi componenti, le modalità per il raggiungimento delle finalità vennero perfezionate con l’adozione di un nuovo statuto.
L’OPEC – la prima fase
Una prima fase, dalla fondazione al 1973, è contraddistinta da una certa moderazione e da un atteggiamento diretto a difendere l’interesse dei paesi produttori. Questo era infatti minacciato dalla diminuzione del prezzo del greggio operata dalle maggiori compagnie petrolifere.
L’OPEC – la seconda fase

Una seconda fase è caratterizzata da una spinta offensiva. L’OPEC, attraverso varie conferenze, impose alle società petrolifere l’aumento del prezzo del greggio (quadruplicato nel 1973) e la sua indicizzazione. Ciò per fronteggiare l’instabilità monetaria connessa all’inflazione mondiale.
Negli stessi anni ebbe inizio la graduale partecipazione dei paesi produttori alla concessione di sfruttamento dei pozzi petroliferi. Nel 1973, dopo il conflitto arabo-israeliano che determinò l”’emancipazione” politica dei paesi produttori, l’OPEC adottò drastiche misure nei confronti dei paesi importatori di greggio. In particolare, si verificò un aumento dei prezzi e embargo verso alcuni stati ritenuti filoisraeliani come gli Stati Uniti e i Paesi Bassi.
Le misure restrittive e l’incremento del prezzo del petrolio ebbero conseguenze immediate sui paesi consumatori. Il tutto provocò sia la diminuzione delle importazioni di greggio sia un incremento delle ricerche per l’individuazione di fonti energetiche alternative e diversificate.
La seconda crisi petrolifera del 1979 portò all’aumento vertiginoso del prezzo del greggio (32 dollari al barile). Contribuì, quindi, a determinare la recessione mondiale caratterizzante gli anni successivi con la conseguente riduzione della domanda e del prezzo del petrolio e dei suoi derivati.
L’OPEC – la terza fase
Una terza fase si è, infine, aperta negli anni Ottanta e si è caratterizzata per i contrasti sorti in seno all’OPEC e per una graduale diminuzione della sua capacità contrattuale e impositiva. Questo avvenne sia per il calo della domanda petrolifera, sia per l’intensificazione dello sfruttamento dei giacimenti del Mare del Nord, nonché per i risultati raggiunti nella ricerca di fonti energetiche alternative. Il mercato del petrolio ha, così, di nuovo cambiato aspetto, mentre il cartello petrolifero è entrato in crisi.
L’OPEC – la situazione attuale
Attualmente il monopolio esercitato dall’OPEC sul mercato petrolifero si è notevolmente allentato. Questo sia per la ormai costante diminuzione della domanda di greggio da parte dei paesi importatori, sia per i contrasti di carattere politico che dividono i suoi membri. La politica dei paesi consumatori ha condizionato il mercato petrolifero sino all’agosto 1990. Con l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, infatti, i prezzi internazionali hanno subito brusche variazioni. La diminuzione dei livelli di produzione causata dal conflitto Iraq-Kuwait si è attenuata grazie all’Arabia Saudita. Essa, svolgendo un ruolo di primo piano nella guerra come alleata degli Stati Uniti e del mondo occidentale, ha aumentato la sua capacità estrattiva.
Infine, la Guerra del Golfo ha fatto saltare tutti gli accordi all’interno dell’OPEC. Il sistema per quote di produzione non è stato più attivato e il prezzo di 21 dollari al barile stabilito dalla Conferenza di Ginevra nel luglio 1990 è stato tralasciato.
Nell’ambito del cartello petrolifero, dal quale nel novembre 1992 è uscito l’Ecuador, l’Arabia Saudita ha acquistato un ruolo sempre più preminente. Malgrado la produzione dell’OPEC sia ancora elevata, il rafforzamento della posizione dell’Arabia Saudita è indice della crisi di questo organismo.
Agli inizi del 1993 l’OPEC ha deciso di ridurre di un milione di barili al giorno, nel secondo semestre dell’anno, la produzione di greggio.
La soluzione del taglio percentuale non ha trovato d’accordo alcuni degli stati membri di questa organizzazione, come Kuwait, Algeria, Indonesia, le cui mosse non sempre vengono giudicate positivamente dalle Borse petrolifere.