Dopo la prima scadenza sulle restrizioni per l’emergenza Coronavirus fissata per il 3 aprile, il governo ha deciso di prorogare tutte le misure fino alla fine di Pasquetta in attesa di rivalutare nuovi sviluppi. In questi giorni si inizia dunque a pensare alla fase due, a quello che sarà dopo, a come si potrà vivere e convivere con questa situazione. Si pensa a come potrebbe essere la riapertura dei ristoranti con i tavoli disposti a due metri di distanza, o a soluzioni alternative per non far cadere i cinema in una crisi ancora più profonda. Ma se queste ipotesi portano un barlume di speranza ad alcune attività, altre manifestazioni, come sagre e tornei provinciali, iniziano a fare i conti con la dura realtà, che potrebbe significare l’annullamento degli incontri annuali.
Queste domande si sentono girare per le vie delle città, in particolare a Pedemonte, un paese in provincia di Verona, dove ogni anno, tra sacrifici, amicizia e divertimento, un gruppo di ragazzi riporta in scena il torneo di calcetto firmato Mundialito.
Prima di focalizzarsi su quest’estate però, il gruppo ha deciso di rimboccarsi le maniche facendo partire una raccolta fondi su Facebook sotto l’hashtag #aiutiAMOverona. Un anno particolare per questi ragazzi che, per la prima volta dell’esordio rischiano di vedere il torneo saltare. Un’altra tradizione di cui la Valpolicella quest’anno non potrà godere, dopo il già annunciato annullamento del Vinitaly 2020.
Il ricordo e il sorriso però, rimangono sia sul viso di chi ne parla sia di chi resta ad ascoltare la storia. Perché il Mundialito per Pedemonte e i suoi ragazzi, non è solo un torneo di calcetto, ma è molto di più. «C’è un mondo dietro a quanto si assiste. È un momento in cui riusciamo a stare tutti insieme, è un appuntamento fisso che ogni estate ci da la possibilità di incontrarci e condividere qualche sera in compagnia». Racconta Anna, una ragazza dello staff che da cinque anni ha preso parte alla seconda gestione del torneo.
Cos’è il Mundialito?

Il Mundialito è una tradizione prima che un torneo di calcetto. Arrivato nel 2020 a undici edizioni, è nato in corrispondenza dei mondiali in Sud Africa e di Waka waka di Shakira, trovando però una sorte migliore di quella dei nostri azzurri in quegli anni, e ora è curioso come si debba fermare proprio in concomitanza degli Europei rimandati ormai al 2021.
Nato nelle notti d’inverno dall’idea di quattro ragazzi, Francesco, Giovanni, Corrado e Stefano, trova vita inizialmente nell’estate del 2009 sotto il nome di Sportado. «Non offrivamo nemmeno birre, c’erano bibite e ghiaccioli» ricordano gli ideatori. Nel 2010 poi, il Mundialito prende ufficialmente vita, in uno spazio che fosse davvero loro, in un momento che gli permettesse di realizzare quei sogni: un calcio pulito, e una buona relazione fuori dal campo, secondo il principio del terzo tempo tipico del rugby, per passare tre settimane in compagnia degli amici, in una versione più moderna della normale sagra di paese.
10 squadre nei panni di 10 nazionali diverse
Le regole sono semplici. Basta versare la quota per partecipare con la propria squadra e per il resto ci pensa interamente lo staff formato inizialmente da 25 ragazzi sui vent’anni, supportati dalla Polisportiva e dalla Parrocchia del paese di quel tempo.

Durante la prima edizione si contano 10 squadre, salite poi a 16 a partire dall’anno seguente, ognuna rappresentante di un Paese diverso. L’estate in Valpolicella inizia a prendere forma e ad avere un nuovo senso. Nulla di professionale, nessun premio in cash per il campione dei campioni. Solo amicizia, voglia di divertirsi e il riconoscimento di aver vinto il Mundialito. Basta così.
Ma sarà proprio questo a fare la sua fortuna: un gruppo ben stretto di amici che ogni stagione si presentano con il proprio gruppo per portare, anche con un po’ di goliardia, del bel calcio sui campi del centro sportivo di Pedemonte. «Le squadre delle prime edizioni erano nostri cari amici e questo ha permesso di creare uno zoccolo duro che è stato la nostra fortuna» raccontano. E mentre il pubblico fuori dal campo inizia a farsi sempre più presente, i giocatori si trasformano in veri e propri personaggi. L’obiettivo diventa quello di rappresentare al meglio la propria squadra. Ed ecco che gli egiziani arrivano truccati, accanto agli scozzesi con il kilt e ai messicani con il sombrero, pronti per scendere in campo sotto il motto “Stay Mundial” ideato da un giocatore della squadra egiziana. Dopodiché, una volta fischiata la fine, il torneo passa al bancone del bar con la “Coppa banco”, torneo parallelo che si svolge tra i tavoli del Mundialito. La prima edizione del torneo a 5 è stata vinta dal Brasile, mentre la Coppa banco è stata, per due anni di fila, prerogativa della Grecia.
«Eravamo talmente felici dal farlo partire che ci siamo dimenticati delle cose basilari, come trovare chi potesse arbitrarlo» raccontano in merito alla prima edizione, ricordando poi con commozione l’arrivo di Enzo Fusa, l’arbitro che, a partire dalla seconda edizione, a bordo della sua 600 azzurrina, ha portato serietà al torneo pattuendo insieme ai ragazzi un nuovo regolamento. «Le squadre quell’anno ci fecero i complimenti perché Enzo era riuscito a dare uniformità alle partite».
Interviste pre e post partita su Facebook
Nel frattempo nel mondo si diffonde Facebook. L’arrivo del nuovo social permette ai ragazzi di pubblicare le interviste ai giocatori mesi prima dell’inizio del torneo, facendo aumentare così l’emozione per l’estate in arrivo. L’attesa è alle stelle. Le squadre scendono in campo a luglio già cariche, competitive, piene di una foga alimentata da mesi. Giocano la partita, e poi ecco le interviste postume, al tempo in differita, oggi in diretta, con tanto di commento e fondale Mundialito.
Nel 2011, grazie a nuovi sponsor, riescono ad apportare importanti modifiche al torneo. Dalle divise in cotone si passa così a maglie più professionali, adatte ad una partita di calcetto, realizzate ad hoc per ogni squadra rifacendosi alle divise della nazionale di riferimento.
Dal terzo anno poi lo spazio si amplia con il “Mundialito Park”: un chiosco più funzionale e nuovi tavoli, che permettono di accogliere un numero sempre più alto di persone. Quello stesso anno la squadra della Repubblica Domenicana del Congo, new entry del torneo, realizza la storica doppietta vincendo sia il torneo in campo sia la Coppa banco.
Da quel momento le richieste di iscrizione vengono spedite da più di 30 squadre. «Pur con un sacco di richieste di partecipazione, nessuno di noi ha mai avuto la presunzione di voler allargare il torneo. Noi pensiamo che 16 sia il numero giusto per riuscire a gestire il Mundialito nel modo più umano possibile, mantenendo una relazione con tutti i ragazzi che giocano». Racconta Corrado, in un video di cinque anni fa. Una politica mantenuta anche dalle nuove generazioni.
Mundialito diventa sinonimo di successo in Valpolicella e in tutta Verona, e proprio per questo lasciarlo andare è difficile.
Dopo cinque edizioni alla compagnia storica subentra un nuovo staff, nuove facce, nuovi ragazzi, nuova voglia di mettersi in gioco. «Non è stato facile, ma era l’unico modo per non farlo morire. Tutti noi avevamo un lavoro, il torneo si ingrandiva e portava via sempre più tempo, quindi si è scelto di darlo ai ragazzi più giovani. C’era una voglia talmente grande intorno di mandarlo avanti che a pensarci ora è stata la cosa giusta». Oggi il “Mundial” è diventato 2.0, con nuove squadre che si esibiscono per un nuovo pubblico, in una media di 20-26 anni. «Ci hanno visto crescere e piano piano ci hanno passato questa responsabilità. – Raccontano le nuove generazioni. – Il passaggio è avvenuto nel 2015 circa e nei primi anni è stato un aiutarsi a vicenda, noi volevamo imparare, loro volevano fidarsi di noi».
Al piccolo iPod di sottofondo delle prime edizioni, ora ogni estate vengono organizzate su 12 serate in tutto, sette nottate di Djset. Sempre accompagnati da quelle figure che insieme ai ragazzi hanno reso quel sogno possibile: l’ex presidente onorario della Polisportiva di Pedemonte Domenica Ceco Farina, e il vecchio arbitro Enzo Fusa.
