venerdì, Aprile 18, 2025

L’ennesimo femminicidio in Italia: la storia di Agitu

Il 29 dicembre l’imprenditrice Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa il 29 dicembre nella sua casa a Frassilongo, in Trentino. I carabinieri l’hanno trovata senza vita all’interno della sua casa di Frassilongo, colpita con violenza alla testa con un martello. È finito così il sogno di Agitu Ideo Gudeta, pastora etiope che aveva l’obiettivo di salvare dall’estinzione la capra mochena.

Cosa è successo?

Subito si è ipotizzato si trattasse dell’ennesimo femminicidio, 72 donne nel 2020, in ragione del fatto che in passato la donna ha querelato un uomo per stalking. In quella occasione Gudeta aveva chiesto di considerare l’aggravante razziale. Siccome l’uomo in questione, un vicino di casa, la chiamava ripetutamente negra, ma il giudice aveva respinto la richiesta del suo avvocato. Il giorno successivo all’omicidio, il suo dipendente Adams Suleimani, un uomo ghanese di 32 anni, ha confessato il crimine, con l’aggravante di violenza sessuale mentre era ancora agonizzante a terra. Il movente sarebbe un mancato pagamento.

Chi era Agitu Ideo Gudeta?

Gudeta era nata ad Addis Abeba, in Etiopia, 42 anni fa. La sua prima permanenza in Italia risale a quando aveva 18 anni, per studiare nella facoltà di Sociologia di Trento. Era poi tornata in Etiopia, ma nel 2010 l’instabilità del Paese l’ha costretta a tornare in Italia.

Dalla Etiopia

Il conflitto nello Stato africano è finito solo poche settimane fa. Nella guerra si contrapponevano il Fronte di Liberazione del Tigré e il governo centrale etiope. I tigrini sono una minoranza nel Paese, ma hanno governato per oltre trent’anni senza far cessare gli scontri tra etnie. Il conflitto ha generato incessanti violazioni dei diritti umani, massacri di centinaia di civili e una grave crisi umanitaria. La donna aveva infatti denunciato le politiche di land grabbing, ossia l’accaparramento delle terre da parte di multinazionali o governi di altri paesi senza il consenso delle comunità che le abitano o che le utilizzano per mantenersi. Per questo motivo fu minacciata dai miliziani del Fronte di Liberazione e costretta a lasciare il suo paese d’origine per tornare in Italia.

Al Trentino

Il governo italiano le ha riconosciuto lo status di rifugiata. In Trentino, dove si era trasferita in pianta stabile, ha portato avanti il suo impegno per il rispetto della natura. Così ha avviato un allevamento di ovini di razza pezzata mochena. Una specie di capra autoctona a rischio estinzione e ha recuperato alcuni ettari di terreni in stato di abbandono. Il caseificio che aveva aperto rivelava già dal nome, La capra felice, il suo credo ambientalista e il suo antispecismo. Il suo lavoro ha ricevuto riconoscimenti importanti da Slow Food e da Legambiente per l’impegno promosso con la sua azienda e il suo negozio.

Gli obiettivi di Agitu oltre le minacce

L’omicidio di Agitu compiuto da una persona di colore, non deve farci dimenticare che per anni questa donna si era scontrata con episodi di razzismo e discriminazione. Infatti due anni fa, aveva ricevuto minacce e subito un’aggressione da parte di un suo vicino. Questi l’appellò come sporca negra intimandola ad andarsene. L’uomo poi condannato a 9 mesi per lesioni, ma fu assolto dall’accusa di stalking aggravato dall’odio razziale. Agitu Ideo Gudeta era un nome noto nel movimento antirazzista italiano. Di recente fu sponsor dei Verdi per presentare il Trentino come terra di accoglienza, in un tentativo di nascondere la xenofobia di cui era oggetto. Nonostante le minacce, la sua missione era più forte. Lei era energica e coraggiosa con tanti progetti in mente. Infatti voleva ampliare la sua azienda agricola La capra felice in valle dei Mocheni, aprendo un bed&breakfast in primavera. Agitu era consapevole dell’eccezionalità del suo percorso, originato dalle lotte al fianco dei contadini e degli allevatori etiopi e trasmutato nei terreni recuperati dall’abbandono nelle montagne trentine.

Storia di ordinario femminicidio

Agitu è solo l’ultima vittima di quella violenza maschile che non accetta l’autonomia e la libertà delle donne. Questo ennesimo femminicidio sta passando come l’ordinarietà in un Paese come l’Italia, capostipite di un sistema di diritto egualitario. L’ordinarietà dei femminicidi è in sé paradossale. Infatti lo straordinario come l’uccisione di una donna sta diventando una notizia frequente dei nostri telegiornali quanto le previsioni del tempo o l’analisi politica quotidiana. Ogni volta che accade un evento del genere ci si interroga su cosa fare nell’immediato e chi punire. Ma questa non è una soluzione di lungo periodo, infatti bisogna riflettere sulla educazione che i bambini ricevono e sulla protezione che ogni donna dovrebbe avere. Questo è un problema che trasla le nazionalità e confini. Educare con misure adeguate al rispetto di ogni essere umano deve essere una priorità di ogni stato democratico, in modo che si possa così tornare alla normalità dell’ordinario lasciando lo straordinario a poche eccezioni eventuali.

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