domenica, Aprile 20, 2025

Le città di Matteo Procaccioli della Valle

Domani 15 settembre la Raffaella De Chirico Arte Contemporanea di Torino presenta la città di Matteo Procaccioli Della Valle. CITY BREAK è il titolo della mostra che presenta il lavoro del fotografo e sarà visitabile fino al 31 ottobre. Opening dalle 17 alle 23.


City break: realtà urbana frammentata


«Conoscere una città significa anzitutto conoscerla attraverso la rappresentazione;dedicarsi a una città in termini artistici significa accettare le rappresentazioni che di essasono state date, sfruttandole magari, se si ha fortuna, per estrarne un pizzico (l’ultimo?) disignificato originale…».

LEWIS BALTZ, LA CITTÀ E IL SUO DOPPIO, SCRITTI, 2013

Quali aspetti delle città di Matteo Procaccioli Della Valle mettono in risalto le fotografie?

Benedetta Donato, autrice del saggio critico parla del lavoro dell’artista. “Il senso predominante del viaggio attraverso la ricerca sulla dimensione urbana di Matteo Procaccioli Della Valle è scorgere significati ancora inediti. Pensare nuovi scenari vuol dire volgere lo sguardo alla realtà, attraverso più livelli di lettura, muovendo da edifici e architetture esistenti, per proporre qualcosa di sconosciuto. La prospettiva rinnovata diventa percettibile nella rappresentazione finale con una spiccata capacità di astrazione. Presuppone un certo grado di reciprocità: deve essere attitudine dell’autore tanto quanto dello spettatore. Entrambi vivono un senso di spaesamento e al contempo di familiarità, rispetto alle visioni restituite sul tema delle grandi città. La riflessione non si sofferma sull’oggetto al centro delle opere, ma va oltre e abbraccia considerazioni riguardanti l’architettura, la sociologia, la cultura e ciò che pertiene l’identità dei luoghi. Il confine tra rappresentazione e astrazione diventa meno netto e si scorge un discorso più ampio».

Le fotografie di Matteo Procaccioli

L’autore guarda alla struttura urbana da diverse prospettive. In Microcities sorvola la città con ardite inquadrature dall’alto, che riprendono l’identikit della New York immaginaria progettata da Le Corbusier. Riportano anche una sagoma deframmentata del centro urbano. Negli scatti Structures intercetta venature e linee grafiche di costruzioni che appaiono avvolte in uno spazio evanescente, sospeso, senza tempo. In Urban Hives pone una questione sulla densità architettonica che, a un secondo livello di lettura, fa immaginare un’umanità omologata e sovrastata dalle stesse costruzioni in cui abita. Quindi Procaccioli Della Valle sembra utilizzare la fotografia come linguaggio aperto per risvegliare la dimensione umana assente. Invita a rivedere i luoghi in maniera sensibile, a posizionarsi in prima fila, davanti a uno specchio che riesce finalmente a riflettere la realtà dei luoghi. Mostra spazi pieni, quasi asfissianti, e vuoti in cui si fa sempre più assordante l’eco di una natura distante.

Le città di Matteo Procaccioli Della Valle e l'”esperienza ambivalente”

Donato si sofferma su altri aspetti dell’opera del fotografo. «L’elemento naturale è dissolto negli scatti e intrinsecamente lontano e la contemplazione del paesaggio urbano diventa osservazione di un abisso. Rispetto alla dimensione cittadina o della megalopoli, vi è un’eguale sensazione di estraniamento, derivante da ciò che Zygmunt Bauman definisce “esperienza ambivalente”. La città attrae e respinge allo stesso tempo. L’abisso può divenire spazio interiore e necessario a ristabilire un equilibrio relazionale tra individui, tra paesaggio costruito e naturale, tra densità urbana e umana. Emerge una vitalità del pensiero che collima coi molteplici sguardi verso il mondo e le modalità attraverso cui riportarlo, trovando corrispondenza nell’esercizio della composizione. Dalla spettacolarizzazione delle opere di grande formato, all’intimità delle Polaroid singole che esaltano un dettaglio e restituiscono vigore a porzioni di realtà. Quasi fossero spunti di riflessione sull’imperscrutabile, sulla forma più attinente da restituire alla contemporaneità».

Le scenografie delle città

L’utilizzo della pellicola istantanea non è finalizzato a collezionare souvenir di lettura immediata della realtà, ma diviene strumento e spinta a reinterpretarla. Quindi apertura a percepire i suoi cambiamenti, le sue imperfezioni quando si manifestano per interpretarli e manipolarli. Sono infatti eliminate le acrobazie cromatiche, facendo emergere particolari monolitici dalle sembianze inconsuete che ricordano delle scenografie teatrali. La resa finale è uno stravolgimento del senso dell’immagine che può esasperare il reale o fargli spazio. Un’interrotta vitalità del sentire che si traduce nell’atto di vedere e osservare porzioni di realtà artificiali inanimate eppure brulicanti di esistenza. Non è lo stato delle cose a muovere e a interessare l’autore, ma l’energia rigenerante che nascondono. Il confine tra ciò che appare per come è e il desiderio di stravolgimento di come dovrebbe e potrebbe essere, diviene tensione per l’imprevedibilità dell’esistenza. Superato il confine, troviamo l’immaginario nitido e originale del potenziale vivibile.

Immagine da cartella stampa.

Odette Tapella
Odette Tapella
Vivo in piccolo paese di provincia. Mi piace leggere, fare giardinaggio, stare a contatto con la natura. Coltivo l'interesse per l'arte, la cultura e le tradizioni.

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