La donna forniva informazioni dettagliate su come produrre veleni in casa e istruzioni su come costruire ordigni artigianali e su come organizzare un attentato. Una vera e propria attività di tutoring attraverso internet e gruppi whatsApp.
Una vita solitaria e apparentemente anonima quella di Janet Zouabi, 35 anni, tunisina, che la sera di giovedì è arrestata per associazione con finalità di terrorismo internazionale, addestramento e istigazione a commettere delitti di terrorismo.
Janet dal 2018 si era stabilita a Latina e viveva con un permesso di soggiorno e un regolare contratto di affitto, in un appartamento al palazzo di vetro, in viale Nervi. Ma a lei i poliziotti della Digos sono arrivati dopo una segnalazione, acquisita attraverso il Federal Bureau Investigation americano, indagando su un profilo Telegram attivo nella propaganda in favore dell’autoproclamato stato islamico.
L’indagine è tutt’altro che conclusa e punta ora a ricostruire i legami e i contatti della donna, sia nel capoluogo pontino sia all’interno della rete che su internet inneggiava alla Jihad. Come accertato da una prima analisi dei dispositivi telefonici e informatici trovati e sequestrati nell’abitazione di viale Nervi, la donna condivideva video in cui forniva informazioni dettagliate e istruzioni su come costruire ordigni artigianali e su come organizzare un attentato. Una vera e propria attività di tutoring attraverso internet e gruppi whatsapp.
Latina, arrestata per terrorismo una donna tunisina

Tra i video c’erano anche immagini in cui venivano illustrate tecniche militari di combattimento, stratagemmi per mimetizzare il vestiario e istruzioni dettagliate su come realizzare ordigni, oltre a manuali per la preparazione di esplosivi in casa e documenti in cui viene illustrata la procedura per la preparazione del veleno alla ricina.
Alla fine di marzo del 2018 il capoluogo pontino era stato travolto da un’altra inchiesta condotta dalla Digos e legata al terrorismo, l’operazione Mosaico che aveva portato a cinque arresti a carico di altrettanti soggetti accusati di fare parte di una rete legata ad Anis Amri, l’attentatore che colpì a Berlino nel 2016 e che aveva vissuto per un periodo nella città di Aprilia.
