Finalmente, dopo sessant’anni di assenza, una foca monaca mediterranea (Monachus monachus) e stata avvistata sull’isola di Capraia.
Dopo diversi avvistamenti a largo della costa occidentale dell’isola, situata nel Parco Nazionale dell’arcipelago Toscano, l’ISPRA ha confermato la presenza dell’animale. Essa sembra risiedere in una grotta il cui nome è proprio quello dell’animale in questione.
L’accertamento della presenza della foca è avvenuto il 24 giugno. Dopodiché è stato vietato l’ingresso all’area nelle vicinanze della grotta, per non disturbare l’animale.
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L’Italia casa di una specie in pericolo
Questo raro mammifero marino, la cui popolazione mondiale oggi è ridotta a non più di 700 esemplari a causa della persecuzione avvenuta negli anni del ‘900, sopravvive con poche e piccole colonie in alcune zone del Mediterraneo e dell’Atlantico.
Le colonie più consistenti di foca monaca attualmente si trovano in Grecia (circa 200 individui) mentre altre di minori dimensioni sono registrate lungo le coste africane che affacciano sul Mediterraneo e sull’Oceano Atlantico.
La foca nelle coste italiane
In Italia gli avvistamenti, per quanto rari, sono possibili lungo le coste della Sardegna, in alcune isole della Sicilia come le Egadi, e nelle coste bagnate dallo Ionio di Calabria e Puglia.
A gennaio 2020 un altro esemplare, stavolta un cucciolo, è stato avvistato a Lecce.
Nonostante la morte dell’animale, avvenuta pochi giorni dopo il suo avvistamento, l’incontro fu molto importante. Infatti si trattava della prova che anche nelle nostre acque la foca monaca trova le condizioni ideali per riprodursi.
Foca monaca ed ecoturismo
La presenza sempre più frequente di questo mammifero nelle nostre acque lascia ben sperare per il futuro di questa specie.
Un tempo l’uomo perseguitava la foca per carne e pellicce. Oggi, nei posti in cui è segnalata, ne arricchisce enormemente il patrimonio naturale. La sua rarità rende queste zone importanti roccaforti per la foca.
Sembra inoltre non essere troppo remota la possibilità, in futuro, di sfruttare il “seal whatching” come importante forma di ecoturismo nelle aree che pian piano la foca monaca sta riconquistando.