giovedì, Aprile 17, 2025

La crisi del maschio nell’età contemporanea

Nel corso dei secoli noi maschi abbiamo ricoperto svariati ruoli: agli inizi siamo stati cacciatori, coltivatori e siamo divenuti guerrieri quando la nostra tribù era in pericolo. Nell’antica Grecia ci siamo trasformati in grandi pensatori, filosofi, uomini coraggiosi, difensori del sapere e della civiltà occidentale. Poi fu il tempo dell’Impero romano, in cui siamo mutati in validi strateghi, assetati di gloria e pronti a rispettare il “mos maiorum”. Durante il periodo medievale ci è stato richiesto valore ma sopratutto fede per difendere la tradizione cristiana ed esportarla ad altri popoli, per poi giungere nel Rinascimento dove abbiamo creduto nella cavalleria e aspirato ad esser abili corteggiatori, ben educati con le nostre dame ma impavidi e senza timore contro i nostri beffeggiatori. In fine, nell’età Illuminista, è sorto in noi uno spirito di auto-controllo, di serietà e moderatezza per poi passare al modello di uomo colonialista, lupo d’affari attento alla moda.
Oggi, cosa siamo? Qual è la nostra identità? Che valori incarna il maschio contemporaneo?

L’uomo moderno: la sua crisi

Secondo uno studio conseguito dal paleantropologo australiano Peter McAllister, riportato nel suo libro “Manthropology”, l’uomo moderno è la specie più inadeguata nella storia del genere umano.
L’intento di McAllister era quello di zittire, una volta per tutte, le voci che identificano l’uomo di oggi come un essere sempre più debole, irresponsabile ed effemminato. Purtroppo, come lui stesso ha dichiarato alla stampa, lo studioso si è accorto che non era possibile scrivere un libro sulle doti superiori dei maschi moderni, perché semplicemente non ne abbiamo. “Dall’arte della guerra al bere, dall’allevare i figli con premura agli atti di coraggio, non c’è nulla che gli uomini del passato, se non addirittura i primitivi, non abbiano già fatto: meglio, più velocemente, con più forza e, in genere, con più arguzia e intelligenza di noi.”

Non è finita qui. Oltre a perdere dignità di fronte ai nostri antenati maschi, ci piangiamo addosso anche nel rapporto con l’altro sesso.
In un articolo de “Il Foglio”, pubblicato il 12 agosto di quest’anno, viene esaminata la crisi del maschio francese incapace di rapportarsi al nuovo tipo di donna emergente del Ventunesimo secolo.
Molti uomini d’oltralpe dichiarano di essere sminuiti dalla tipica donna in carriera che a volte prende uno stipendio nettamente maggiore del loro. Questi maschi perplessi e smarriti nei confronti dell’altro sesso si chiedono come diventare una perfetta sintesi fra l’uomo deciso, virile e responsabile e il casalingo, dolce e petaloso.
Nell’articolo viene riportata la voce della psicoterapeuta Alain Héril che dipinge il quadro perfetto dell’attuale crisi mascolina francese: “ Gli uomini sono completamente disorientati di fronte alle attese paradossali delle donne. Perché esse vogliono tutto e il suo contrario. Vogliono che gli uomini le ricoprano di carezze sussurrando loro parole dolci, ma anche essere sbattute contro un muro per essere scopate selvaggiamente. Gli uomini devono dar prova di dolcezza e di un pò di aggressività. Essere all’ascolto senza perdere la loro autorità”.

Forse e almeno, direte voi, “siamo ancora capaci di corteggiare una donna”. Questa dote, da sempre, è insita nel nostro DNA. Eppure, anche riguardo a tale ambito è avvenuto un drastico cambiamento.
Infatti, secondo Roberto Bernorio, esperto sessuologo, in un’intervista su “Starbene” dichiara che “gli uomini oramai corteggiano una donna solo se sono certi al 99% del risultato sperato.” Lo studioso, inoltre, aggiunge che “l’uomo quando si comporta in questo modo ostenta indifferenza perché non è più il cacciatore sicuro di una volta. Prima sapeva come muoversi, le tattiche di conquista, erano come dire, rodate (attenzioni, complimenti, promesse ecc..). Adesso, per giocoforza, è diventato un attento e guardingo selezionatore di proposte sessuali”.

L’ultimo baluardo del maschio che rimane intatto sembrerebbe la sua figura paterna. Ebbene nell’età moderna anche il suo ruolo come padre inizia a vacillare.
Il professore, scrittore e psicanalista Massimo Recalcati introduce il nuovo paradigma della concezione paterna, nell’epoca “iper-moderna”, nel suo libro “Cosa resta del padre?”.
In sintesi lo studioso evidenzia che nella concezione psicoanalitica classica il padre rappresenta la negazione del desiderio incestuoso di Edipo. Il padre in definitiva si pone in antitesi tramite l’utilizzo della legge che egli stesso incarna, e così facendo facilita il distacco fra la madre e le origini del proprio figlio concedendogli di scoprire la sua vera identità, in piena autonomia. Il padre è il limite, la “castrazione” del godimento assoluto e sfrenato di qualsiasi giovane. Annientata l’autorità paterna e la legge che impone, il desiderio si sgancia dal suo soddisfacimento. Se la Legge non si riconcilia con il desiderio, secondo Recalcati, non può nascere amore ma solo annientamento, morte.
Il tema del parricidio non è cosa nuova nella storia.
Prima con i totalitarismi del ‘900 la famiglia era il primo nucleo da abbattere: lo stato toglieva alla famiglia il diritto di educare e allevare i figli per paura che diventassero “individui autonomi”, capaci di ribellarsi. I totalitarismi volevano fedeli seguaci della loro ideologia senza intralci pedagogici che potessero venire da altri e non dal loro apparato di propaganda.
Successivamente con i movimenti giovanili di protesta del ’68 la “Legge” incarnata dal padre viene meno.
Oggi non serve molto per accorgersi della situazione simbolica rappresentata dalla figura paterna. Basta accendere la televisione e scegliere un film o una serie hollywoodiana a caso e troveremo padri simili a “Homer Simpson”: goffi, irresponsabili, grassi e pigri. In sostanza, questa è l’era dei padri “poltrona”.

Che ne sarà dell’uomo?

Cosa possiamo fare di fronte a questa crisi? Come dobbiamo reagire?
In primis non ci deve essere nessuna vergogna nel guardare al passato, nell’osservare modelli maschili positivi. Diviene dunque necessario lasciarci alle spalle un periodo storico incentrato solo su di noi maschi e interagire con quello che la nuova società propone.
Recuperiamo quei principi e valori che ci rendevano e rendono tutt’ora unici: la galanteria, il rispetto e l’amore che possiamo riservare alle nostre donne. Il coraggio,la pazienza e la temperanza nel prendere le nostre responsabilità e portarle al termine. La dolcezza e l’autorità che dedichiamo ai nostri figli. La lealtà e lo spirito di gruppo che mostriamo ai nostri amici. Il rispetto e la nobiltà d’animo nei confronti dei nostri avversari.

Forse non saremmo gli uomini più adeguati secondo la storia della nostra specie, ma potremmo diventare i primi a tornare ad esserlo.



Valerio Martellini
Valerio Martellini
Studente di filosofia e storia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Amante del dibattito e delle discipline umanistiche. Credo nell'attività curativa della dialettica.

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