L’Italia incoronata Paese dell’anno 2021 dall’Economist. La prestigiosa rivista britannica. Che scrive “L’onore va all’Italia, e non ai suoi giocatori che hanno vinto il trofeo più importante d’Europa, non alle sue popstar che hanno vinto l’Eurofestival, ma per la sua politica”. Dunque gli uomini preferiscono le bionde. Recitava il titolo di un vecchio film. Ma poi sposano le more. All’estero, lo stile di vita di noi italiani è preso a modello. La maggior parte degli stranieri pensa che lavoriamo poco. Abbiamo ottimo cibo e bellissime spiagge. Anche gli intellettuali e gli studiosi preferiscono l’Italia piuttosto che la Francia. Detto questo confermo che noi italiani siamo sempre i primi a criticarla. Ma siamo sempre i primi a sostenerla e ad esultare con lei e per lei.
L’Italia incoronata Paese dell’anno 2021: perchè?
Il 2021 non è stato un anno facile. Il mondo è stato messo in ginocchio da una pandemia di cui si stanno sentendo i devastanti effetti sanitari. Sociali, ed economici. Ma l’Italia sta cercando di reagire. Spinta da un’incredibile desiderio di ripartenza. Di ritorno alla normalità. Di rivincita. Tanto che il settimanale Economist osserva che: “l’Italia è cambiata”, grazie a Draghi. Con l’ex capo della Bce, “si è dotata di un Presidente del Consiglio competente e rispettato a livello internazionale. Per una volta la maggioranza dei politici ha messo da parte le differenze per sostenere un profondo programma di riforme”. Vanta uno dei tassi di vaccinazione più alti d’Europa e la sua economia è più veloce di Francia e Germania”. Ora Draghi “vorrebbe essere presidente e potrebbe essere sostituito da un presidente del Consiglio meno competente. Ma è impossibile negare che oggi l’Italia è in un posto migliore rispetto a dicembre 2020 e per questo è il nostro Paese dell’anno. Auguri!“. Conclude il magazine.
L’Italia è veramente cambiata?
L’Italia di certo non è quell’agognato paradiso descritto dall’Economist. Perchè si scopre l’amara e dura verità, quando si inizia a lavorare. Quando i “suoi” figli entrano nelle “sue” scuole. Il sentimento passa dall’amore all’odio. Odio per la nostra terrificante burocrazia. Per i disservizi della nostra scuola pubblica. E per tanti altri aspetti della vita quotidiana. Ci piace “pensare” che tutti gli italiani frequentino favolose università. Visitino musei bellissimi. Suonino strumenti. Vestano Armani, e leggano il Financial Times. Mangino ogni giorno tagliatelle fatte in casa e bevano i vini migliori comprati a un prezzo accessibile. Camminino in centri storici immacolati. Assaporino il miglior caffè e, ovviamente, siano impiegati in settori gratificanti come il fashion design. E ci piace anche pensare che gli altri, gli stranieri che ci giudicano, siano condannati dal tempo inclemente. E dal grigiore delle fabbriche dei loro Paesi. Siamo convinti che, appena possono, vengano in Italia a godere del sole e delle spiagge. A mangiare la pasta al dente, e a divertirsi con i giovani nelle discoteche della Riviera. Ma è un’idea profondamente sbagliata.
L’Italia incoronata Paese dell’anno: un quadro che ha bisogno di correzioni
Dunque l’Italia sembra un Paese con una qualità della vita straordinaria. Invidiato, e apprezzato. Blandito, e imitato. Ma questo quadro ha bisogno di molte correzioni. Di riforme. Perchè nei prodotti che usiamo ci sono fango, sudore e lacrime. Ci sono anche le operaie alle macchine. I custodi dei magazzini. Gli autisti dei camion, e i contabili dei bilanci. Sono queste persone che rendono praticabile un sogno. E vincente la scommessa della qualità del “bello fatto bene”. La qualità della vita è fatta anche di altri fattori. Mentre noi li sottovalutiamo, all’estero li migliorano. Dunque esiste un altro aspetto del Made in Italy. Quello che non crea lavoro in Italia. E si esaurisce con la percezione dei beni di consumo. Pertanto relegare l’immagine del nostro Paese agli stereotipi della moda, dell’alimentazione o del campionato di calcio, è controproducente. D’altronde l’Economist mette in guardia: “C’è il rischio di invertire la rotta perdendo quella stabilità di Governo faticosamente raggiunta. C’è il rischio che questa ondata di buon governo possa essere invertita. Draghi può diventare Presidente della Repubblica, un incarico più di rappresentanza. E potrebbe succedergli un primo ministro meno competente“.