La parola d’ordine dell’Iran in Siria? Diversificare. Dagli appalti di costruzione agli acquisti immobiliari Teheran sta espandendo la sua influenza nella sua “colonia”. Fino all’ultima frontiera: quella del settore farmaceutico.
Qual è la strategia dell’Iran in Siria?
A Ovest dell’Eufrate tutto è lecito. Pertanto non deve sorprendere la strategia ideata dalla Repubblica islamica per espandersi nel Levante. Questa interessa diversi ambiti, tra cui il reclutamento. Specialmente a Deir ez-Zor e ad Est di Aleppo, due poli quasi agli antipodi. Tutte le operazioni dell’Iran in Siria hanno però un denominatore comune: elargire aiuti alla popolazione. Come l’accesso gratuito alle cure mediche, altrimenti compromesso dalle sanzioni occidentali. Da una parte, infatti, Teheran invia convogli di medicinali, in particolare a Mayadeen e Abu Kamal; mentre, dall’altra, mette a disposizione dei civili le strutture utilizzate dalle milizie filo-iraniane. In un Paese dove circa il 90% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà, è giocoforza che tale linea di condotta attragga consensi.
Un matrimonio di comodo?
Nel 2011, quando sono iniziati i disordini in Siria, l’Iran aveva un’alternativa: sostenere la sommossa antigovernativa o non fare nulla. Poiché nel secondo caso avrebbe corso il rischio che salisse al potere un governo ostile, Teheran ha scelto la prima opzione. Dall’inizio della guerra civile siriana, l’Iran ha trovato approcci diversi per aumentare la sua influenza nella regione. Del resto, il rapporto tra Iran e Siria si basa su una convergenza di interessi unica. Entrambe hanno come nemico: Israele. Inoltre, rappresentano la spina dorsale “dell’asse della resistenza”. Un’alleanza di forze regionali nata allo scopo di contrastare l’egemonia statunitense (e garantire la sopravvivenza di entrambi i regimi). Ma con l’avanzamento tecnologico israeliano, l’Iran ha dovuto studiare un approccio diverso in Siria.
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Export di farmaci
Ed è proprio nel settore farmaceutico che Teheran sta puntando maggiormente. All’inizio di marzo, il vicepresidente iraniano per la scienza e la tecnologia Sorena Sattari ha incontrato il ministro della Salute siriano Hassan Al-Fabash nella capitale siriana. A Damasco, Sattari ha annunciato che il suo Paese è pronto a soddisfare il fabbisogno dei siriani in apparecchiature sanitarie. “L’Iran è pronto ad esportare attrezzature mediche e tecnologia necessarie alla Siria“, ha detto. In precedenza, la Repubblica islamica aveva esportato alcuni ventilatori standard durante la pandemia. Dal canto suo, Al-Fabash ha osservato: “Attribuiamo importanza a (la necessità di importare, ndr) questi farmaci, poiché le biotecnologie iraniane svolgono un ruolo importante nel trattamento delle malattie incurabili“.
Iran in Siria all’insegna della cooperazione
La visita di Sattari è valsa l’occasione per firmare un memorandum sulla cooperazione scientifica, tecnologica e politica tra i due Paesi. Tra gli impegni figurano la creazione di laboratori di ricerca e l’organizzazione di conferenze scientifiche e seminari. Ma anche il potenziamento della cooperazione nella formazione in ambito accademico e la pubblicazione congiunta di articoli scientifici. Tanto che Damasco si ripropone di inviare squadre di medici in Iran per visitare le aziende farmaceutiche iraniane. Lo stesso Al-Fabash ha affermato: “Se sarà possibile per alcuni medici siriani viaggiare in Iran per brevi corsi, sarà una buona opportunità“. Questo appunto “Perché il nostro Paese è sotto assedio e le strutture che vengono importate dall’estero sono molto limitate“. L’Iran si sta espandendo in Siria. Un farmaco alla volta.
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Iran in Siria: gli psicofarmaci
Intanto, l’Iran ha avviato il programma. Del resto, le autorità sciite non perdono tempo, anzi. Ragion per cui le società iraniane e siriane hanno iniziato a produrre medicinali in loco, soprattutto a Damasco e nelle città costiere. Comunque, a prezzi più competitivi rispetto a quelli venduti nelle farmacie siriane. Per la sua fetta di Siria, Teheran sta puntando principalmente sul mercato degli psicofarmaci. Tra cui il Rivotril, uno dei marchi di Clonazepam. Si tratta di un ansiolitico che viene venduto senza prescrizione medica come analgesico. Ma il cui effetto collaterale, per altro non specificato, è di causare dipendenza al pari di qualsiasi narcotico, perché agisce sul sistema nervoso centrale. Dunque, non è un caso se i gruppi sciiti lo stiano pubblicizzando e ne stiano facilitando la reperibilità. Specialmente nei territori occupati dalle truppe sciite e loro alleate.
Narcotici a macchia d’olio
Vale la pena di notare che i farmaci iraniani circolano in Siria da almeno 3 anni, se non di più. Il tutto, ovviamente, con la connivenza del regime di Bashar al-Assad. In questo contesto, i farmaci iraniani come il Rivotril vengono dispensati soprattutto a Ovest dell’Eufrate, nella provincia di Deir ez-Zor. Una regione controllata dall’Iran e dai suoi sostenitori. Più precisamente nella campagna orientale di al-Mayadeen e nella città strategica di al-Boukamal. Le stesse aree in cui Teheran vuole rafforzare la sua presenza, attraverso il reclutamento e le operazioni di proselitismo Shi’ita (la conversione a Sciita). Il tutto sfruttando non solo le drammatiche condizioni di vita della popolazione. Ma anche rilevando e acquistando immobili appartenenti a sfollati in altre aree della Siria o rifugiati in paesi stranieri. Tra cui Libano e Turchia.
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In Siria la povertà è oro
Ad esempio dall’inizio del Ramadan, il 17 aprile, la milizia afgana di Liwaa Fatimiyoun ha istituito una mensa nell’area di Al-Mazare, nel deserto di Al-Mayadeen nella provincia di Deir ez-Zor. Lì, i pasti venivano preparati e distribuiti gratuitamente ai residenti. Allo stesso modo, venivano consegnati cesti di cibo con le immagini di Qassem Soleimani, l’ex generale iraniano delle forze Quds, e di Ali Khamenei, il leader supremo dell’Iran. Su tutti c’era scritto: “Un regalo dalla Repubblica islamica dell’Iran“. Questa mossa ha fruttato 52 giovani volontari disposti a rimpolpare i ranghi filo iraniani. Sempre “per celebrare il Ramadan”, le IRGC iraniane hanno erogato una somma una tantum di 120.000 sterline siriane (40 dollari) agli affiliati siriani nella provincia di Deir Ezzor. Una sorta di tredicesima, visto che corrisponde a un mese di stipendio.
Reclutamento
In effetti, il pilastro dell’espansionismo iraniano in Siria rimane quello militare. Le operazioni di reclutamento del Corpo delle Guardie della Rivoluzione (IRGC) hanno interessato soprattutto la città di Al-Mayadeen, nella campagna orientale di Deir Ezzor. Oltre che Al-Sfirah, Deir Hafer e altri villaggi della campagna a Est di Aleppo. Dove per altro si concentra l’Isis. Secondo l’Osservatorio siriano, il numero di nuovi militanti è salito a 740 dall’inizio di febbraio. Il tutto in concomitanza con gli sforzi della Russia di competere con l’espansionismo di Teheran in quest’area. Ora, i gruppi sciiti mirano a Raqqa, Aleppo e Homs. Anche l’Osservatorio siriano per i diritti riporta movimenti sospetti della logistica iraniana.
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Le prossime mosse di Teheran
Sta di fatto che le forze iraniane e le loro milizie per procura continuano a consolidare la propria presenza in tutte le aree controllate dal regime. Ciò ignorando non solo la “guerra fredda” con i russi. Ma anche i ripetuti raid aerei di Israele e della Coalizione Internazionale, che sono entrambi incapaci di frenare l’espansionismo di Teheran. Tantomeno di impedirlo. Piuttosto, di recente le milizie sciite a Deir ez-Zor hanno ricevuto nuove armi e munizioni. Tra cui alcuni missili a corto e medio raggio. Il carico dall’Iraq è giunto in Siria attraverso la città di al-Sekak, situata al confine iracheno. La fornitura sarà destinata alle truppe di stanza nelle campagne a Ovest dell’Eufrate e a Est di Raqqa. Ad Aleppo, l’Iran ha istituito almeno una nuova base sulla collina di Habbouba. Mentre a Homs ha eretto un presidio para-militare sciita nei pressi della base aerea T4.
Diversificare
Ma non finisce qui. Perché l’Iran ha pensato a delle leve commerciali per alcune aree in Siria. Dagli appalti di costruzione all’investimento immobiliare. Più precisamente, è dal 2017 che l’Iran si sta infiltrando nella società siriana e sta stringendo le sue relazioni con gli uomini d’affari in Siria. Nello specifico, sono in corso trattative immobiliari tra le milizie sciite e siriani emigrati all’estero perché le loro case o negozi sono stati rasi al suolo dai bombardamenti. Non solo. Sebbene non sia ancora chiaro il motivo, i militari stanno acquistando lotti nelle aree al confine con il Libano. Soprattutto nelle province Hatitet al-Turkmen, Deir al-Assafir e al-Meliha. Oltre che a Zabdin e nel Sud della Ghouta orientale. Inoltre, i gruppi sciiti acquisiscono appartamenti e ville di lusso nella zona di Bludan e nelle aree circostanti. Il tutto con l’appoggio dei militanti di Hezbollah libanesi, che operano come facilitatori di tali operazioni.
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Iran in Kurdistan e in Libano
In particolare, nella Ghouta orientale i mercanti provengono dalla città di al-Mayadeen a Deir Ezzor. Si tratta di affiliati alla milizia locale Liwaa al-Abbas, sostenuta dall’Iran, che opera sotto il comando delle IRGC. Quando le milizie sciite assumono il controllo delle città, trasformano molte delle abitazioni civili in quartier generali. Mentre altre case sono utilizzate come residenza per le famiglie dei miliziani pro Teheran. In ogni caso, i residenti sono costretti a trasferirsi altrove. Talvolta fuori provincia. Com’è successo nel quartiere di al-Tamou, che gli abitanti hanno dovuto abbandonare. Ad Hasaka, in Kurdistan, la compagnia PFK ha siglato un contratto con il ministero delle Risorse Idriche. L’accordo riguarda la costruzione di quattro desalinizzatori che forniranno acqua potabile alla città. Il che ha consentito ai tecnici sciiti di stabilirsi nella regione. Per di più in tutta liceità.
Occupazione culturale
Allo stesso tempo, le truppe convertono le moschee a loro uso esclusivo, praticando l’azan sciita e i relativi rituali. Mentre il 7 aprile, le milizie sostenute dall’Iran hanno avviato un corso di circa sei mesi per insegnare il persiano alle reclute siriane. Secondo fonti locali, sarà condotto online tramite telefoni cellulari e PC in collaborazione con il “Centro culturale iraniano”, nella città di Deir Ezzor. Il corso rientra nel progetto espansionistico dell’Iran in Siria. Oltre a rappresentare il tentativo di Teheran di trasmettere (o imporre?) la sua cultura alle aree occupate.
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Iran in Siria: il punto
A ben vedere, ciò che è fondamentale per Teheran è che la Siria rimanga un alleato strategico della “resistenza”. Oltre che un canale di transito per Hezbollah verso il Libano. Al pari di altri avamposti strategici iraniani in tumulto, come l’Iraq e l’Afghanistan, il Levante è gestito dall’élite del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), la forza Quds. La quale non solo sovrintende alle attività di Teheran nel Paese, ma ne esercita anche il controllo. Tanto che in passato l’ex primo ministro siriano, Riyad Hijab, ha detto: “La Siria è occupata dal regime iraniano. La persona che gestisce il paese non è Bashar al-Assad ma Qassem Soleimani“. Che avesse ragione il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif?