L’inibizione nel bambino riguarda l’ambito delle manifestazioni nevrotiche che può sviluppare quando avviene la trasformazione dell’angoscia che può emergere proprio attraverso comportamenti che diventano evidenti quando si vivono stati ansiosi. Andiamo ad approfondire di cosa si tratta inibizione e quale può essere un approccio.
Inibizione
Nel bambino l’inibizione può riguardare ogni settore della vita sia a livello di comportamenti di socializzazione che a livello di condotte mentalizzate.
E’ uno dei sintomi che si riscontrano maggiormente durante una consultazione medico psicologica. Indica una costrizione o una limitazione di un comportamento che deriva da impulsi o desideri. E’ compresa nella timidezza e nell’ansia. Infatti, si manifesta attraverso senso di inferiorità e poco spirito di iniziativa.
Riguarda:
- il comportamento, cioè ripiegamento su se stessi ed evitamento delle relazioni sociali;
- la vita intrapsichica, cioè momenti di amnesia e incapacità di pensare.
È stata definita anche ‘evitamento’, e ci si riferisce all’inibizione anche con i termini ‘inibito’ e ‘disinibito’.
Nel bambino soprattutto l’inibizione scolastica è tra i motivi più frequenti per cui tra gli 8 e i 12 anni ci si rivolge ad un esperto in ambito psicologico.
Caratteristiche
L’inibizione è presente nei disturbi d’ansia e i vissuti d’angoscia.
Esistono due tipologie:
- inibizione delle condotte esterne e socializzate;
- Inibizione delle condotte mentalizzate.
Inibizione delle condotte esterne e socializzate
Riguarda quei bambini sempre calmi e che si sottomettono facilmente. Non fanno mai parlare di sé e vengono spesso qualificati come troppo saggi. Più gravi sono i casi in cui si isolano e non osano avvicinarsi agli altri, pur desiderandolo. Così non giocano a scuola, restano a casa durante i giorni di vacanza e hanno un rifiuto per le attività di gruppo. In famiglia viene scambiata per timidezza ma se è eccessiva può ostacolare i percorsi di socializzazione del bambino fino a sviluppare la fobia sociale.
Inibizione delle condotte mentalizzate
Si tratta dell’inibizione intellettiva. Essa riguarda sia l’organizzazione fantasmatica sia il funzionamento intellettivo. Dunque c’è un’inibizione a sognare e ad immaginare, insieme alla presenza di lievi tratti ossessivi. Parliamo di bambini che giocano poco oppure fanno giochi molto conformisti. Come pure che preferiscono copiare disegni anziché inventare nuovi modalità. Ancora cancellano continuamente con la gomma e con la penna ed hanno una scrittura incerta. Influenza il grave insuccesso scolastico. Infatti i bambini sembrano impediti nel pensare e intervengono poco nelle attività scolastiche. Hanno il timore di essere interrogati e di sbagliare e sperimentare un vuoto nella testa.
Inibizione per Sigmund Freud
Per Sigmund Freud l’inibizione è l’espressione di una limitazione funzionale dell’Io. Obiettivo è evitare un conflitto con l’Es, cioè di evitare il confronto con le pulsioni libidiche che sono spesso intense e vissute come angoscianti perché il bambino vive con un senso di colpa.
Per il padre della psicoanalisi, l’inibizione può essere cognitiva, cioè connessa a difficoltà di apprendimento del bambino che ha un’intelligenza normale, pur esprimendo difficoltà di apprendimento della lettura oppure di scrittura e ortografia. Come pure l’inibizione può essere relazionale e si accompagna spesso in modo più o meno significativo alla fobia sociale, cioè la paura del giudizio e dello sguardo degli altri.
Approccio terapeutico nel bambino
L’approccio terapeutico all’inibizione nel bambino può essere complesso e difficile perché il bambino può arrivare a negare le difficoltà che ha. Dunque si ostacola la capacità di autonomia per cui si può sfociare in patologie più gravi.
L’importante è non fare mai mancare ai bambini esperienze di successo in cui si possano sentire capaci ed anche migliori agli altri. Successi e fallimento insieme servono per comprendere chi è e come costruire la propria identità.
Si può valutare di rivolgersi ad uno specialista in qualsiasi momento per avere una visione d’insieme del disagio. Ciò anche per supportare nella strutturazione di modalità difensive contro l’angoscia. Come pure per rendere più tollerabili e accettare contenuti e conflitti intrapsichici vissuti come inaccettabili.
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