FARE – Federazione nazionale Associazioni Ricettività Extralberghiera lancia un appello per un cambio di rotta nella gestione dell’imposta di soggiorno. Di fronte ai numeri record resi noti dall’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno, l’organizzazione chiede con forza che l’imposta venga utilizzata esclusivamente per lo sviluppo e la valorizzazione del turismo, come previsto dalla sua natura di tassa di scopo.
Imposta di soggiorno: “Non può coprire i buchi di bilancio dei Comuni”
Il presidente di FARE, Elia Rosciano, denuncia un utilizzo scorretto della tassa turistica da parte della maggior parte dei Comuni italiani: “Oltre l’80% del gettito viene spesso usato per ripianare bilanci comunali, con pochissimo impatto sulla promozione turistica, sulla destagionalizzazione o sul miglioramento dei servizi per i visitatori”.
Una situazione aggravata da un emendamento al decreto-legge sulle pubbliche amministrazioni, che propone di destinare fino al 50% dell’imposta di soggiorno alle spese correnti dei Comuni nel biennio 2025-2026. Una misura che – secondo FARE – mette in luce la necessità urgente di riformare l’intero sistema.
Il settore extralberghiero: motore del turismo italiano
Secondo i dati ISTAT, il comparto extralberghiero rappresenta oggi il 55% dei posti letto in Italia e contribuisce per il 40% al totale del gettito dell’imposta di soggiorno. Eppure, è ancora poco coinvolto nei processi decisionali sulla destinazione dei fondi.
FARE propone l’introduzione di vincoli legislativi chiari per i Comuni, affinché il gettito venga investito esclusivamente in attività legate al turismo, concordando le priorità con le associazioni di categoria e i comitati territoriali.
La proposta di FARE: trasparenza, partecipazione e sviluppo sostenibile
L’associazione chiede che:
- Ogni Comune sia obbligato per legge a destinare la tassa turistica al settore turismo;
- Siano coinvolti i rappresentanti delle realtà extralberghiere nei comitati di indirizzo locali;
- L’imposta diventi uno strumento concreto di valorizzazione del territorio, e non una fonte indistinta di entrate.
“L’imposta di soggiorno è un’opportunità. Non una pianta da potare, ma un seme da coltivare. Va gestita con visione, rispetto e in ascolto di chi lavora ogni giorno per l’accoglienza”, conclude Rosciano.