Di nuovo i media aprono con la notizia di una risalita dei contagi e dei ricoveri. Non è una buona notizia. Ma i dati davvero ci dicono che la colpa è di chi non è vaccinato?
Liberi tutti, purché col Green Pass
Ieri sera sono passato per il centro della città verso l’ora di cena. Locali pieni – la temperatura era tale da indurre le persone ad affollare i tavolini all’interno.
Senz’altro tutti provvisti di Green Pass; senz’altro esposti al rischio di contrarre il virus, in quanto potenzialmente contagiosi e contagiabili all’interno di un luogo chiuso e non obbligati all’uso della mascherina.
Domenica scorsa, ho ricevuto diversi selfie dagli amici che frequentano lo stadio. Stadio la cui apertura con capienza limitata non ha impedito alle persone di affollare i settori centrali di curve e tribune, vanificando le norme sulla distanza interpersonale.
Senz’altro tutti provvisti di Green Pass; senz’altro esposti al rischio di contrarre il virus, in quanto potenzialmente contagiosi e contagiabili anche se in un luogo aperto, e non obbligati all’uso della mascherina.
I focolai dei non vaccinati
I giornali però riportano focolai riconducibili alle sole manifestazioni contro il Green Pass di Trieste; o addirittura a lavoratori non vaccinati (la cui negatività sul luogo di lavoro, a differenza degli altri, è però attestata dal tampone).
Nessuna parola sui luoghi frequentati da chi è in possesso di Green Pass, la cui immunità sul piano amministrativo è molto più estesa di quella reale.
https://www.facebook.com/groups/1002330366491108/permalink/4515632441827532/
Le statistiche del contagio
L’Istituto Superiore di Sanità restituisce il monitoraggio settimanale dell’andamento della pandemia. Una delle notizie più rilanciate dai media è quella relativa al confronto tra vaccinati e non vaccinati.
Prendiamo quello degli esiti più gravi. Il report dice che “il tasso di decesso, nel periodo 03/09/2021 – 03/10/2021, è circa undici volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati con ciclo completo (86,0 vs 8,0 per 100.000 abitanti).
Il senso dell’affermazione è chiaro, ed in linea con i dati relativi anche a contagi e ricoveri. Però lo stesso ISS ci ha fornito – riguardo i decessi – un’altra statistica importante, di cui abbiamo già parlato:
ovvero che circa il 97% aveva almeno un fattore di fragilità importante. Ovvero che è la fragilità (e non la copertura vaccinale e neppure l’età) la prima variabile degli esiti più gravi
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia#2
Per questo una statistica che considera solo queste due variabili non è realmente rappresentativa di quanto sta accadendo: evidentemente è maggiormente a rischio una persona giovane che soffre di una patologia grave di un anziano in buona salute.
Forse, allo stato dei fatti, l’informazione più rappresentativa dei dati del monitoraggio potrebbe essere: “le persone fragili non vaccinate corrono rischi maggiori di quelle non vaccinate nelle medesime condizioni”.
Niente di nuovo, insomma.
La necessità di una informazione trasparente
Lasciamo da parte le notizie poi sconfessate dai fatti relative agli effetti collaterali (si legga ad esempio quanto riportarono i giornali dopo la morte della diciottenne Camilla Canepa vaccinata con Astrazeneca, poi le risultanze dell’autopsia, e soprattutto i dati incompleti sull’incidenza di tale effetto sulla popolazione under 60 rilasciati dal Comitato Tecnico Scientifico con lo scopo di promuovere gli Open Day volontari e smaltire le scorte di vaccino):
https://www.rai.it/dl/doc/1635262128426_caso_astrazeneca_report.pdf
Anziché aprire una riflessione su come abbiamo affrontato il virus, l’informazione continua a cavalcare il tema della paura e a magnificare la strategia vaccinale, anche di fronte a palesi contraddizioni, arroccandosi dietro la scusa che, diversamente, le cose potrebbero andare peggio.
Non una parola sui rischi dell’adozione del Green Pass (che non protegge, anzi, favorisce il contagio infondendo nelle persone la falsa certezza dell’immunità e inducendo comportamenti a rischio) e, tanto meno sulla violazione dei diritti che esso comporta.
E nemmeno sull’innalzamento progressivo sia delle dosi necessarie che della presunta soglia di immunità di gregge, lievitata dal 70 al 90%.
Naturalmente, nessuno spazio a chi promuove terapie e protocolli di cura diversi da quelli ufficiali, nonostante si tratti di migliaia di medici.
Il virus, come prevedibile, con l’inverno (e la frequentazione di luoghi chiusi, oltre all’arrivo dei virus stagionali) riprende a correre, ma la strategia non viene messa in discussione: né quella della vaccinazione di massa, e neppure quella – complementare – di dare la colpa di tutto quello che non va a chi non aderisce.