venerdì, Aprile 18, 2025

Il rigetto dell’informazione

Vi siete resi conto anche voi che qualunque informazione, da qualunque fonte provenga, non è in grado di aggiungere niente non solo al dibattito pubblico, ma anche all’opinione personale di ognuno?

Negare l’evidenza paga sempre

Un esempio come tanti. Nel maggio del 2010, l’allora premier Silvio Berlusconi intervenne presso la Questura di Milano perché la minorenne nota come “Ruby Rubacuori” (sic), fermata a seguito di una segnalazione, venisse affidata ad una sua persona di fiducia in quanto “nipote” dell’allora leader egiziano Mubarak.

https://www.lastampa.it/cronaca/2012/02/18/news/non-credevamo-alla-storia-br-di-ruby-nipote-di-mubarak-1.36501305

Una storia grottesca nelle premesse ma non nelle conseguenze. Oltre trecento deputati votarono compatti affinché Berlusconi fosse giudicato dal Tribunale dei Ministri, sostenendo che le telefonate di Berlusconi in questura furono telefonate di Stato, perché lui era effettivamente convinto che la ragazza fosse davvero la nipote di Mubarak.

La Corte Costituzionale rigettò la richiesta, e si aprì il processo. Ma Berlusconi ha continuato negli anni a sostenere la sua tesi; con profitto, peraltro.

Il fatto non costituisce reato

Ovviamente la ragazza era tutto fuorché la nipote di Mubarak (che, per colmo di stereotipo, era egiziano, mentre lei di origine marocchina). E che, aldilà della pronuncia dei giudici, è difficile credere alla buona fede di Berlusconi.

Tuttavia la condanna inflitta in primo grado viene ribaltata in appello: assolto dall’accusa di concussione  perché “il fatto non sussiste” e assolto da quella di prostituzione minorile perché “il fatto non costituisce reato”.

Nelle motivazioni si dice che non esisteva nessuna prova accertata sul fatto che Berlusconi avesse esercitato un atteggiamento intimidatorio nei confronti del responsabile della questura milanese affinché rilasciasse la minorenne, né che fosse a conoscenza dell’età della ragazza all’epoca dei rapporti sessuali.

https://www.altalex.com/documents/news/2014/11/14/caso-ruby-le-motivazioni-della-sentenza-d-appello

Non c’è stata condanna, ma la sentenza consegna all’opinione pubblica una storia completamente diversa da quella raccontata dall’ex premier, da cui emerge il grave tema della prostituzione minorile.

Per distruggere una carriera politica ce ne sarebbe più che abbastanza. Invece, nonostante l’evidenza dei fatti, e la pesante la condanna inflittagli in primo grado, alle politiche del 2013 il Popolo delle libertà, di cui è leader, prende oltre 7 milioni di voti trascinando la coalizione centro destra ad un testa a testa che la verrà soccombere per soli 125mila voti.

Colpevolisti e innocentisti

Milioni di persone hanno continuato a dare la loro fiducia ad un uomo che – al momento del voto – era stato condannato a sette anni di carcere per reati gravissimi (e persino odiosi)

Poi è sopraggiunta l’assoluzione che comunque ha gettato forti ombre sul politico allora più in vista del Paese, quanto meno a livello morale.

Eppure, incredibilmente, neppure l’evidenza dei fatti sembrò intaccare il consenso nei suoi confronti. Chi lo osteggiava, aggiunse un altro argomento ai molti già in suo possesso; ma chi lo sosteneva continuò a farlo, persino manifestando per il riconoscimento della sua innocenza. Sia gli alleati di centrodestra:

https://tg24.sky.it/politica/2013/0/11/parlamentari_pdl_tribunale_milano_silvio_berlusconi

ma anche semplici cittadini (peraltro con toni particolarmente aggressivi):

Il rigetto dell’informazione

E torniamo così al tema di oggi con una domanda evidentemente retorica: quali notizie sarebbero potute trapelare su (in questo caso) Berlusconi per indurre i suoi sostenitori a fare eventuali valutazioni diverse?

La risposta è semplice: nessuna.

La polarizzazione del dibattito in favorevoli o contrari, ha travolto ogni forma di merito. L’appartenenza, simile al tifo calcistico, è divenuta emotiva e rifugge da logiche razionali (come ad esempio i valori che incarna).

Tutto questo, naturalmente, non è un caso, ma il frutto avvelenato di una combinazione di fattori.

Consapevolezza, comprensione, elaborazione

Primo: la consapevolezza delle fonti da cui si ricava l’informazione in ordine alla loro attendibilità, ma anche alla loro diversificazione.

Gli algoritmi di facebook, ad esempio, selezionano i post sulla base delle caratteristiche del profilo dell’utente, alimentando il fenomeno dell’attenzione selettiva, per la quale noi ci focalizziamo solo su notizie che comprendiamo e/o che rafforzano le nostre opinioni.

Basta leggere uno scambio in una chat per capire quanti cadono in questa trappola.

Secondo: la capacità di comprendere l’informazione. Significa possedere strumenti adeguati per decodificarla, a partire dalla lingua: in Italia mediamente le persone utilizzano 1/1000 circa del vocabolario disponibile.

Terzo: la capacità di elaborarla e quindi di integrarla con le altre che formano il nostro modo di interpretare la realtà.

Non giudizi, ma pre-giudizi

Se non sussistono queste tre condizioni, più che di “giudizio” delle persone, sarebbe corretto parlare di “pre-giudizio” che si rafforza costantemente, radicalizzandosi.

E favorendo fenomeni quali la tendenza di assumere la posizione espressa dalla maggioranza, oppure negare l’evidenza senza distinguere tra fatti e opinioni, dare la preferenza elettorale al leader che più ci assomiglia (o su cui proiettiamo i nostri modelli di successo) aldilà della sua proposta politica.

L’eccesso di informazioni  a cui possiamo accedere disorienta, anziché orientare. Parafrasando: abbiamo il pane a sazietà, ma non i denti per masticarlo, anche grazie ai social che ci illudono di conoscere e partecipare, ma che invece stanno sempre di più modificando il nostro modo di pensare.

Ma questo è un argomento tabù. Tutti credono di saperli gestire, proprio come raccontano le persone dipendenti da alcool, droga o quant’altro. Le cose, da dentro, sono difficili da vedere.

Massimiliano De Luca
Massimiliano De Lucahttp://www.massimilianodeluca.it
Sono nato a Firenze nel 1968. Dai 19 ai 35 anni ho speso le mie giornate in officine, caserme, uffici, alberghi, comunità – lavorando dove e come potevo e continuando a studiare senza un piano, accumulando titoli di studio senza mai sperare che un giorno servissero a qualcosa: la maturità scientifica, poi una laurea in “Scienze Politiche”, un diploma di specializzazione come “Operatore per le marginalità sociali”, un master in “Counseling e Formazione”, uno in “Programmazione e valutazione delle politiche pubbliche”, un dottorato di ricerca in “Analisi dei conflitti nelle relazioni interpersonali e interculturali”. Dai 35 ai 53 mi sono convertito in educatore, progettista, docente universitario, ricercatore, sociologo, ma non ho dimenticato tutto quello che è successo prima. È questa la peculiarità della mia formazione: aver vissuto contemporaneamente l’esperienza del lavoro necessario e quella dello studio – due percorsi completamente diversi sul piano materiale ed emotivo, di cui cerco continuamente un punto di sintesi che faccia di me Ein Anstàndiger Menschun, un uomo decente. Ho cominciato a leggere a due anni e mezzo, ma ho smesso dai sedici ai venticinque; ho gettato via un’enormità di tempo mentre scrivevo e pubblicavo comunque qualcosa sin dagli anni ‘80: alcuni racconti e poesie (primo classificato premio letterario nazionale Apollo d’oro, Destinazione in corso, Città di Eleusi), poi ho esordito nel romanzo con "Le stelle sul soffitto" (La Strada, 1997), a cui è seguito il primo noir "Sotto gli occhi" (La Strada, 1998 - segnalazione d’onore Premio Mario Conti Città di Firenze); ho vinto i premi Città di Firenze e Amori in corso/Città di Terni per la sceneggiatura del cortometraggio "Un’altra vacanza" (EmmeFilm, 2002), e pubblicato il racconto "Solitario" nell’antologia dei finalisti del premio Orme Gialle (2002). Poi mi sono preso una decina di anni per riorganizzare la mia vita. Ricompaio come finalista nel 2014 al festival letterario Grado Giallo, e sono presente nell’antologia 2016 del premio Radio1 Plot Machine con il racconto "Storia di pugni e di gelosia" (RAI-ERI). Per i tipi di Delos Digital ho scritto gli apocrifi "Sherlock Holmes e l’avventura dell’uomo che non era lui" (2016), "Sherlock Holmes e il mistero del codice del Bardo" (2017), "Sherlock Holmes e l’avventura del pranzo di nozze" (2019) e il saggio "Vita di Sherlock Holmes" (2021), raccolti nel volume “Nuove mappe dell'apocrifo” (2021) a cura di Luigi Pachì. Il breve saggio "Resistere è fare la nostra parte" è stato pubblicato nel numero 59 della rivista monografica Prospektiva dal titolo “Oltre l’antifascismo” (2019). Con "Linea Gotica" (Damster, 2019) ho vinto il primo premio per il romanzo inedito alla VIII edizione del Premio Garfagnana in giallo/Barga noir. Il mio saggio “Una repubblica all’italiana” ha vinto il secondo premio alla XX edizione del Premio InediTO - Colline di Torino (2021). Negli ultimi anni lavoro come sociologo nell’ambito della comunicazione e del welfare, e svolgo attività di docenza e formazione in ambito universitario. Tra le miei ultime monografie: "Modelli sociali e aspettative" (Aracne, 2012), "Undermedia" (Aracne, 2013), "Deprivazione Relativa e mass media" (Cahiers di Scienze Sociali, 2016), "Scenari della postmodernità: valori emergenti, nuove forme di interazione e nuovi media" (et. al., MIR, 2017), Identità, ruoli, società (YCP, 2017), "UniDiversità: i percorsi universitari degli studenti con svantaggio" (et. al., Federsanità, 2018), “Violenza domestica e lockdown” (et. al., Federsanità, 2020), “Di fronte alla pandemia” (et. al., Federsanità, 2021), “Un’emergenza non solo sanitaria” (et. al., Federsanità, 2021) . Dal 2015 curo il mio blog di analisi politica e sociale Osservatorio7 (www.osservatorio7.com), dal 2020 pubblicato su periodicodaily.com. Tutto questo, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto a modo mio, ma più con impeto che intelligenza: è qui che devo migliorare.

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