Dopo quasi due settimane di proteste, alla fine, il premier libanese Saad Hariri, 49 anni e figlio del ex permier libanese Rafiq Hariri, ucciso da una bomba nel 2005, ha deciso di dimettersi, poichè neppure le promesse di nuove riforme economiche e e leggi contro la corruzione sono bastate a placare il malcontento e la rabbia della piazza nelle scorse settimane.
Hariri dunque rimetterà il suo mandato nelle mani del presidente della Repubblica Michel Aoun, il quale, tuttavia, non ha ancora deciso se accettarle o se chiedere al premier dimissionario di fare un rimpasto di governo.
In attesa degli sviluppi politici, dal lato delle proteste, i manfestanti gioscono per le dimissioni di Hariri, ma Hezbollah non ha preso bene la notizia delle dimissioni del presidente e ha aggredito i manifestanti che festeggiavano.
Va precisato che durante le due settimane di proteste l’ex permier aveva cercato di sedare la rabbia della piazza, promettendo riforme economiche. Su questo punto infatti, proprio nelle scorse settimane, i partiti politici avevano dato il loro assenso alle riforme proposte dal primo ministro Hariri. Essi si erano impegnati ad evitare l’applicazione di nuove tasse e si erano dimostrati più che favorevoli ad un piano di privatizzazione, finora sempre osteggiato dalle principali forze politiche.
A scatenare soprattutto la rabbia dei libanesi è stata soprattutto l’imposizione di una tassa sulle app di messaggistica istantanea, che ha condotto i cittadini a scendere in piazza per chiedere le dimissioni dell’intera classe dirigente incapace di dare risposte concrete ai bisogni della gente.
Come si diceva dunque, neanche le promesse di riforme econimiche del premier Hariri e la soluzione di un rimpasto di governo del presidente della Reupubblica Michel Aoun sono bastate a placare gli animi della piazza, di conseguenza l’unica strada percorribile per Hariri è quella delle dimissioni.
In Libano, a preoccupare non è solo l’instabilità politica, ma anche la difficile situazione economica in cui rischia di sprofondare il Paese, poichè, è dall’inizio delle proteste che scuole, banche ed università e tanti altri esercizi commerciali sono rimasti chiusi.
Il debito pubblico del Paese dei cedri, come se non bastasse, continua crescere e secondo alcune stime si attesta intorno al 150% del Pil (prodotto interno lordo). Sembra che a questo punto, persino il governatore della banca centrale libanese abbia gettato la spugna poichè le soluzioni da lui proposte non hanno avuto il consenso sperato.
La crisi economica che attraversa il Paese dunque, non accenna a diminuire e l’imposizione inevitabile di nuove tasse sul tabacco e sulla benzina hanno fatto sì che la rabbia della gente dilagasse nelle strade di Beirut come un fiume in piena.
In attesa di capire gli ulteriori sviluppi di questa complicata vicenda libanese, le dimissioni del premier Hariri rappresentano siuramente un passo importante per la lotta alla corruzione e alla crisi economica, poichè è giusto che siano altre persone che nulla hanno a che fare con la corruzione, a rimediare alla difficile situazione nella quale si trova il Paese dei Cedri.