Il 31 luglio 1976 gran parte dell’opinione pubblica restò senza fiato quando vide alcune immagini scattate su Marte il 25 luglio dalla sonda spaziale Viking-1 che in quel periodo era in orbita intorno al pianeta. In molti, infatti, videro in quelle fotografie una sorta di faccia, di viso, e cominciarono rapidamente a circolare teorie e ipotesi (anche piuttosto fantasiose) di una presunta e tangibile testimonianza della presenza di forme di vita sul Pianeta Rosso. Passato alla storia come il Volto su Marte (o Volto di Cydonia), in realtà la verità era ben diversa da come era sembrato in un primo momento.
Oggi, infatti, si può affermare con certezza che gli scatti della sonda Viking-1 avevano immortalato una vasta area di Marte, esattamente della regione di Cydonia. Si tratta di una zona che ricopre una lunghezza di circa 3 chilometri per una larghezza di 1,5 chilometri ed è situata a 10° a nord dell’equatore marziano. Come mai allora quel 31 luglio del 1976 quasi tutti hanno creduto che si trattasse di una sorta di viso? Tutto è legato ad una combinazione di luci e ombre che hanno creato una sorta di illusione ottica.
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L’altopiano diventato il Volto su Marte nell’immaginario collettivo è stato fotografato da Viking-1 in un angolo di illuminazione piuttosto particolare, ovvero con il Sole piuttosto basso sull’orizzonte del Pianeta Rosso. Inoltre, non essendoci ancora le tecnologie attuali, la foto era a bassa risoluzione e ciò ha contribuito ad ammorbidire le irregolarità e i tratti spigolosi del promontorio. A causa di una breve interruzione nella trasmissione dei dati sulla Terra, si era venuta a creare una piccola macchia nera nella zona in cui in molti avevano visualizzato una narice. Infine non bisogna trascurare l’aspetto psicologico. Il fenomeno della pareidolia spinge il cervello umano a riconoscere degli aspetti familiari anche laddove non ci sono. E così è sorta l’illusione del Volto di Cydonia.

Le reali caratteristiche dell’altopiano sono emerse soprattutto negli anni seguenti quando, grazie a dispositivi tecnologici più sofisticati, è stato possibile scattare delle immagini molto più nitide e dettagliate. Soprattutto la sonda Mars Global Surveyor nel 1998-2001, e la Mars Odyssey nel 2002 hanno inviato alla Nasa degli scatti ad altissima risoluzione e con un’illuminazione più realistica che hanno permesso di vedere il vero Volto su Marte. Ovviamente non c’è nulla di un viso umano, ma si tratta di uno degli altopiani del pianeta.
Le interpretazioni non scientifiche del Volto su Marte
Nonostante le missioni spaziali successive a quella del 1976 abbiano mostrato che il Volto su Marte era soltanto il frutto di una combinazione di illuminazione ed altri fattori, si sono diffuse almeno fino al 1998 diverse interpretazioni non scientifiche della foto mostrata dalla Nasa il 31 luglio. Diverse personalità, infatti, hanno sostenuto che la sonda Viking-1 aveva fotografato una sorta di monumento artificiale costruito da forme di vita extraterrestre dotate di intelligenza. Questi potevano essere o abitanti del Pianeta Rosso, oppure alieni arrivati da chissà quale altro posto remoto dello spazio.

Uno dei maggiori fautori di questa teoria è stato Richard Hoagland. Questi nel 1987 ha pubblicato un libro dal titolo The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever. Nel suo volume, lo scrittore americano si è soffermato non solo sul Volto su Marte, ma anche su quelle che secondo lui sarebbero le testimonianze di una vita aliena, parlando di resti di una città in rovina o addirittura di piramidi sulla superficie del pianeta. L’autore azero Zecharia Sitchin ha appoggiato la tesi del collega statunitense, aggiungendo che nella letteratura sumerica esisterebbero dei riferimenti ad una struttura marziana simile a quella mostrata dalla Nasa il 31 luglio 1976. In Italia, invece, è stato in particolar modo Ennio Piccaluga a sposare questo tipo di interpretazione non confermata dalla scienza.