martedì, Aprile 15, 2025

I tesoretti del Vaticano: non solo immobili

I tesoretti del Vaticano: non solo immobili. Non è un raggiro economico o di mercato bensì la parte nascosta del mercato Vaticano. Calcolare la cifra è un’impresa ardua, quasi impossibile visto che, oltretutto, il Vaticano è l’unico stato al mondo a non avere un PIL.

I tesoretti del Vaticano a quanto ammontano?

La cifra complessiva forse la conosce solo il Papa. Ma non è sicuro. La stima di massima delle disponibilità finanziarie della Santa Sede e della Città del Vaticano, quindi del governo centrale e non di diocesi o congregazioni religiose, è di circa 5 miliardi di euro. In netto calo rispetto ad un decina di anni fa, quando, prima della crisi dei mercato e del crollo dei tassi di interesse, poteva sfiorare quasi i 10 miliardi. La realtà però è un pochino diversa da quello che possiamo calcolare attraverso le dichiarazioni pubbliche. Ricordate che il Vaticano non deve spiegazioni a nessuno del suo mercato.

Il patrimonio romano

Ancor più redditizia si è rivelata la gestione immobiliare che ha consentito all’Apsa di incassare 35 milioni nel 2023 a fronte di ricavi per 73,6 milioni. Merito dell’immenso patrimonio della Santa Sede che include oltre 5000 edifici, per una superficie complessiva di circa 1,5 milioni di metri quadri. Il 19,2% degli immobili dell’ente presieduto dall’arcivescovo Giordano Piccinotti è affittato a canoni di libero mercato; il 10,4% a canone agevolato, il 70,4% a canone nullo. Ma in tutto questo non sono calcolati gli immobili all’estero. All’estero, invece, l’Apsa amministra oltre 1.000 immobili attraverso tre società controllate, fondate fra il 1932 e il 1933: la francese Sopridex (752 unità), la svizzera Profima (344 unità) e l’inglese British Grolux Investment (27 unità). 

I tesoretti del Vaticano a quanto ammontano?

Questo per la parte mobiliare. Mentre quella immobiliare è stimata in oltre 6 miliardi. Si tratta esclusivamente di case e palazzi “non funzionali” all’attività istituzionale. Quindi niente palazzo della Cancelleria o la Gregoriana, per capirci. Questa valutazione è solo una piccola parte del patrimonio della “Chiesa” (congregazioni religiose e diocesi) che nel mondo conta su un patrimonio valutato oltre 2mila miliardi, comprese università, scuole e ospedali.

Ma poi quello che non si aspettano i fedeli

Le fabbriche producono armi, che poi vendono all’estero. Per compiere queste operazioni coinvolgono alcune banche, che spostano e anticipano soldi, incassando cospicui compensi. Molti enti ecclesiastici si appoggiano tranquillamente alle “banche armate”, vi depositano e affidano loro i soldi, magari donati dai fedeli, che quindi vengono utilizzati anche per il commercio delle armi. E il cerchio si chiude. La relazione del governo sull’export italiano di armamenti nel 2019, finalmente consegnata al Parlamento e pubblicata in versione integrale due volumi di qualche migliaio di pagine ciascuno. Anche l’elenco delle operazioni bancarie delle aziende armiere, fotografa una situazione già nota, ma da molti ignorata. Anche perché, si sa, il denaro è “lo sterco del diavolo”, ma siccome pecunia non olet, va bene anche affidarsi ad una “banca armata”, se può garantire uno zero virgola di interessi in più, e pazienza se papa Francesco ripete in continuazione che è il commercio delle armi a determinare le guerre.

La speculazione vaticana: le “banche armate” in uso

Veniamo agli enti ecclesiastici che hanno scelto le “banche armate” come propri istituti di riferimento. A cominciare dalla Conferenza episcopale italiana che, per incassare le erogazioni liberali e le offerte deducibili per il sostentamento del clero, si appoggia a sette diversi conti bancari. Quattro dei quali aperti presso altrettante “banche armate”: Unicredit, Intesa San Paolo, Banca nazionale del lavoro e Bpm.

I tesoretti del Vaticano con l’elmetto

Indossano l’elmetto anche alcune dei principali atenei pontifici, quindi direttamente legati alla Santa Sede. Hanno scelto come tesorerie, ovvero gli istituti di credito presso cui gli studenti pagano le tasse universitarie, proprio le “banche armate”. Gregoriana (gesuiti) e Santa Croce (Opus Dei) si appoggiano ad Unicredit. La Lateranense, dove peraltro è da poco attivo il corso di laurea in Scienze della pace, invece a Banca popolare di Sondrio. Infine la sanità vaticana: anch’essa si affida alle “banche armate”. Il Policlinico “Agostino Gemelli” – intitolato a quello che fu il consulente di Cadorna durante la prima guerra mondiale e il principale teorico dell’obbedienza cieca e rassegnata dei soldati ai propri superiori, ha scelto Unicredit.

I tesoretti del Vaticano nascosti nel bene comune

Il Bambino Gesù invece ha optato per Intesa San Paolo. Riferiva una nota della banca al momento della sottoscrizione dell’accordo, nel 2018 – fino almeno al giugno 2021 “Sarà il referente per l’erogazione dei servizi bancari e finanziari del Bambino Gesù. Nell’ambito di una partnership che si svilupperà anche attraverso l’installazione di una ramificata struttura di punti operativi. La sottoscrizione di una specifica convenzione per prodotti e servizi a condizioni agevolate ai circa 3mila dipendenti e collaboratori dell’ospedale pediatrico tra medici, infermieri, ricercatori, tecnici ospedalieri e impiegati”. E Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù ma anche vicepresidente di Fondazione Cariplo (uno dei principali azionisti proprio di Intesa): “Siamo contenti di intraprendere questa nuova avventura con una realtà autorevole e tradizionalmente attenta alla dimensione sociale come il gruppo Intesa San Paolo”. Quinta “banca armata” italiana. 

Il Vaticano ha investito per oltre 20 anni in un’industria che produceva la pillola del giorno dopo: sorpresi?

Per oltre 20 anni, fino al 2016, il Vaticano ha investito in un’industria che produceva la pillola del giorno dopo. attraverso l’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, la Segreteria di Stato ha posseduto quote azionarie per un valore di circa 20 milioni di euro in due industrie farmaceutiche che producevano la pillola del giorno dopo. Evviva la faccia dell’antiabortismo vaticano… a quanto pare falso come i denti di mio nonno. A confermarlo è stato l’ex revisore generale della Santa Sede, Libero Milone, che ha spiegato che “l’Apsa aveva investito in alcune società farmaceutiche che noi consideravamo investimenti di carattere rischioso perché non rispondevano alla dottrina sociale della Chiesa”. L’Apsa all’epoca era guidata dal cardinale Domenico Calcagno, uomo legatissimo al Segretario di Stato di Benedetto XVI, Tarcisio Bertone.

Alla fine?

E alla fine, come si dice a Roma, scopriamo che il più pulito ha la rogna! Il Vaticano garante dell’estremo valore spirituale, nient’altro è che una azienda di mercenari tale e quale alla Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e tutti gli altri. Questa inchiesta cerca di far luce sui tanti aspetti per cui vale il concetto che Cristo me lo prego nel segreto della mia stanza. Ma soprattutto che non posso affidare i miei segreti a chi ne ha più di me. Meditate gente meditate.

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