giovedì, Aprile 17, 2025

I Servizi Segreti che possono sbagliare: dalla fiction alla realtà

 

Ci risiamo.

Attacco kamikaze, un ragazzo giovanissimo, integrato, che dopo alcuni viaggi in Rete, e non solo, gioca con la sua identità, si converte, si fa crescere la barba e costruisce un ordigno pieno di chiodi per far fuori migliaia di ragazzi e bambini alla fine di un concerto.

Semplificazione? Finzione? No.

Non è questo che tendiamo a semplificare o sottovalutare, ma il lavoro dei servizi segreti.

E’ vero, anche l’attentatore di Manchester era conosciuto dalle forze d’Intelligence.

A partire dal 13 novembre 2015, primo attacco a Parigi, abbiamo iniziato a parlare della necessità di costruire una “ FBI europea”, nonostante la presenza di ben due agenzie piuttosto efficienti come Interpol ed Europol, di incapacità e disorganizzazione dell’Intelligence, addirittura si è parlato di complicità tra servizi segreti e terroristi.

Chiaramente c’è un problema di comunicazione, di scambio di dati, di analisi ed informazioni che non vengono confrontate e in alcuni casi, bisogna dirlo, ognuno lavora per casa propria, ma non non è solo questo, la questione non può essere ridotta a confusi retroscena complottistici o a semplice negligenza.

Abbandoniamo l’idea dello 007, dell’eroe poliziotto che salta da un tetto all’altro e con grande abilità, piazza delle microtelecamere e cimici ovunque, armato fino ai denti e ferito dalla testa ai piedi, c’è un mondo reale fuori dallo schermo e la realtà è che anche i Servizi Segreti possono sbagliare.

Questo ci spaventa? Ma è la verità.

Basta spettacolarizzare l’attività d’Intelligence, chiaramente ci sono esperti, persone capaci, addestrate, che lavorano intensamente, conoscono e applicano tecniche e strategie investigative-operative, monitorano, si muovono, spiano ecc. ecc.., ma possono sbagliare e non possono tenere sotto controllo tutti i profili, post e movimenti sul web di qualsiasi presunto terrorista o sostenitore dell’ideologia jihadista.

Tenendo conto che i servizi hanno mancato gravemente nella analisi non riuscendo a capire il nemico islamista tanto nella versione Al Quaeda quanto in quella Isis e non si sono neppure accorti della differenza fra i due, i problemi ora come ora, come sottolinea il prof. Giannuli, sono altri.

Ad esempio:

– assenza di una vera e propria linea politica da parte di Europa ed Usa che non sanno cosa fare. Obama prima e Trump ora, sono fermissimi nel tentennare ed è evidente che di concreto c’è ancora poco o nulla;

-assenza di direzione politica da parte dei governi che delegano tutto ai servizi lavandosene le mani e senza neppure chiamare i capi dei servizi a rispondere dei loro insuccessi;

-ideologia antiterrorista da non confondere con il contrasto al terrorismo. Il vero contrasto è quello fatto al terrorismo per come è effettivamente, l’ideologia è quella che combatte per il terrorismo per come lo immagina;

-il terrorista è un soggetto politico pienamente razionale che ricorre a forme di lotta criminali. Ne consegue che, nel primo caso, la lotta al terrorismo è in primo luogo un problema di polizia e di intelligence, nel secondo che è un problema in primo luogo politico e sono secondariamente di intelligence, dunque occorre dare le indicazioni necessarie per evitare che diventi uno strumento cieco che colpisce a caso.

Non possiamo conoscere tutto, non possiamo controllare tutto, è possibile commettere errori, bisogna insistere sulla formazione e studio del fenomeno terroristico e tecniche d’investigazione, impostando analisi che seguano un approccio interdisciplinare dalla psicologia, criminologia alla geopolitica.

Di conseguenza, anche se gli uomini dei servizi segreti sono esperti di sicurezza ed antiterrorismo, restano comunque uomini specializzati, ma non sono supereroi.

Comunicazione, cultura e cooperazione sono dunque strumenti strategici certi per combattere il terrore online e offline, ricordiamoci che viviamo si in una realtà aumentata, ma lontana dalla fiction.

Giacomo Buoncompagni
Giacomo Buoncompagni
Buoncompagni Giacomo. Aspirante giornalista scientifico. Laureato e specializzato in comunicazione pubblica e scienze sociali -criminologiche. Collaboratore di Cattedra presso l'Università di Macerata. Presidente provinciale Aiart Macerata. E' autore di "Comunicazione criminologica" e "Analisi comunicazionale forense" (2017)

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