Emma Marrone, Alba Parietti, Selvaggia Lucarelli, Vladimir Luxuria, Valentina Ferragni, Giovanni Ciacci: che cosa lega questi personaggi oltre alla circostanza di essere noti al grande pubblico? Le lega il fatto che tutte sono state vittime degli haters, per motivi diversi, ma con dinamiche tutto sommato simili. Quella degli haters è una categoria purtroppo numerosa e protagonista di diversi episodi di cronaca. Il termine è inglese e significa letteralmente odiatori/odiatrici. Si tratta, sostanzialmente, di coloro che, dietro lo schermo del computer o dello smartphone insultano, deridono, diffamano gli altri utenti. I bersagli sono sia singoli utenti, più frequentemente personaggi pubblici o anche intere categorie che normalmente sono vittime di episodi di razzismo dagli immigrati agli omosessuali, ad alcune etnie. Gli attacchi degli haters assumono spesso caratteri razzisti e/o sessisti. La caratteristica tipica dell’hater è una certa spregiudicatezza nell’uso dell’insulto, quasi sempre volgare. Un modo di dire utilizzato per queste persone è quello di “leoni da tastiera” un’espressione che racconta tutta la contraddittorietà di chi esibisce dietro lo schermo una violenza che poi, per fortuna nella realtà, non porta a compimento. Accade, infatti, che gli haters siano persone che fuori dall’insulto dietro lo schermo abbiano una vita normalissima, sia dal punto di vista sociale che familiare. Capita, per assurdo, addirittura che frasi di una violenza e un cinismo irripetibili siano “postate” da chi nel profilo ha frasi religiose, di proclamato amore per gli animali o di altre amenità evidentemente poco indicative. Colpisce, infatti come si possa perdere il senno per il semplice fatto di essere dietro uno schermo. Probabilmente non ci si rende conto del fatto che gli insulti possono fare male, possono ledere la serenità di chi li riceve e magari contribuire a far partire una spirale di violenza e di odio di cui non sono controllabili le conseguenze. Potrebbe accadere che l’ondata di odio ispiri le azioni di chi potrebbe passare alle vie di fatto. I cosiddetti leoni da tastiera poi cambiano atteggiamento quando vengono scoperti e inchiodati alle proprie responsabilità. Accade infatti che tornino sui propri passi per una sorta di rinsavimento o, più plausibilmente, per il timore delle conseguenze legali. È bene sottolineare, infatti, come gli l’odio sui social al di là di essere un comportamento inqualificabile possa avere conseguenze giuridiche, ma si tratta evidentemente di un fenomeno che ancor prima che con i provvedimenti legali deve essere affrontato a livello culturale.