Ora che il governo gialloverde è caduto, le opzioni sul tavolo sono fondamentalmente due: delle nuove elezioni oppure un accordo che porti ad una nuova maggioranza che venga comunque fuori dai risultati delle elezioni del 4 marzo 2018. La prima opzione è chiaramente la favorita del tutto il centro-destra, che in questo modo potrebbe forse governare in autonomia (a patto che Forza Italia accetti di essere il partito minoritario della coalizione), tuttavia la seconda sembra essere la favorita di Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, che percentuali alla mano hanno effettivamente la possibilità di formare un governo PD-M5S. Ma a livello pratico, è davvero possibile che questo governo si formi? Scopriamolo di seguito.

Innanzitutto, l’attuale leader del PD Zingaretti ha chiarito 5 punti essenziali che dovranno essere rispettati affinché si formi un governo PD-M5S. Si tratta dei seguenti precetti:
- Un cambio di politica circa l’immigrazione: si all’accoglienza ed alla ridistribuzione fra paesi europei, no assoluto alla chiusura dei porti.
- Cambio di atteggiamento con l’Unione Europea: che il nuovo governo sia europeista, non contrario a Euro. Ciò non significherebbe certo accettare passivamente ogni scelta calata dall’altro, ma nemmeno essere sempre in aperto contrasto.
- Avere un maggiore rispetto per le istituzioni e per la “centralità del parlamento”
- Perseguire uno sviluppo sostenibile, senza un impatto ambientale negativo – o il meno negativo possibile.
- Garantire l’equità sociale: ciò sembra essere più che altro un veto circa la Flat Tax.
Matteo Renzi – il suo duro discorso nel Senato contro Matteo Salvini
A questo si unisce la richiesta che il governo PD-M5S non sia di “accordicchi” ma persegua una forte discontinuità col precedente, e che agisca per evitare l’aumento dell’IVA. Chiaramente, l’unione di due partiti comunque diversi fra di loro implicherebbe la formulazione di un nuovo “contratto di governo”, che tuttavia Zingaretti preferisce chiamare “Patto alla Tedesca”. Dal canto proprio, il Movimento 5 Stelle risponde con una mezza apertura formulata da Paola Taverna:
non ho problemi particolari coi 5 punti del pd: sono molto vaghi, tanto valeva chiedere la pace nel mondo. è giusto che la base del movimento 5 stelle possa votare se approvare o no questi punti su rousseau
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Così come avvenuto anche per il governo gialloverde, è essenziale che ai vertici di un governo che nasce dall’unione di due partiti comunque diversi ci sia un tecnico. Mentre il Movimento sembra volere un Conte 2.0, forte della popolarità acquisita recentemente dall’ex premier, il PD non concorda. La scelta sarebbe quindi nelle mani del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, il quale secondo le ultime voci di corridoio avrebbe un nome in testa: quello della giudice costituzionale Marta Cartabia. Si tratterebbe di una scelta a dir poco rivoluzionaria: la prima donna a diventare presidente del consiglio dei ministri italiano! Oltre la Cartabia, i nomi più papabili sono Raffaele Cantone ed Enrico Giovannini – ci sarebbe in realtà anche Mario Draghi, il quale si è tuttavia affrettato a dichiarare quanto segue:
Sarebbe un onore essere considerato per un ruolo simile, ma non ho intenzione di assumere alcuna carica politica
Mentre nel frattempo Giorgia Meloni di Fratelli D’Italia chiede a gran voce che ci siano o nuove elezioni o un governo con un premier di Centro Destra, le opzioni sul tavolo per Movimento 5 Stelle e PD sono queste: vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni.