A polar bear tests the strength of thin sea ice.Credits: Mario Hoppmann
Gli orsi polari sono tra gli animali più colpiti dalle variazini stagionali perché le loro attività come la caccia, i viaggi e l’allevamento si basano soprattutto sulla presenza di ghiaccio marino nell’artico.
Un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università di Washington, finanziato dalla NASA e dal Greenland Institute of Natural Resources e utilizzando i dati satellitari della NASA ed altre agenzie, ha rilevato che in primavera il ghiaccio marino dell’artico tende a sciogliersi prima del solito periodo e in autunno a solidificarsi in ritardo. Un fenomeno che va ad impattare in modo negativo su tutte le 19 sottopopolazioni di orso polare che vivono nell’artico ostacolando la facile capacità di procurarsi il cibo e la riproduzione degli orsi. Il documento, pubblicato il 14 settembre sulla rivista criosfera, è il primo a quantificare quanto la variazione negli anni della presenza del ghiaccio marino abbia influito in ciascuna delle sottopopolazioni di orso polare su tutta la regione artica utilizzando metriche che sono particolarmente importanti ai fini della biologia orso polare.
Diciannove distinte sottopopolazioni di orso polare vivono nell’Artico, passando la maggior parte del loro tempo facendo roaming sul ghiaccio marino e procacciandosi il cibo. È per questo motivo di fondamentale importanza la presenza di ghiaccio in primavera e in autunno. Gli orsi si sono evoluti principalmente mangiando foche che forniscono grassi e sostanze nutritive necessarie per l’ambiente duro dell’artico. Gli orsi polari si procurano le loro prede poggiandosi sul ghiaccio come se fosse una piattaforma effettuando delle vere e proprie imboscate formando dei fori di respirazione o rompendo il ghiaccio per accedere alle loro tane.
“Questo studio dimostra come tutte le sottopopolazioni di orsi polari subiscano un effetto negativo dal calo della presenza di ghiaccio poiché la loro sussistenza è fortemente legata al ghiaccio marino”, ha detto il co-autore Harry Stern, un ricercatore con l’Università di Polar Science Center di Washington a Seattle, “l’analisi in definitva dimostra che i tempi critici del ghiaccio marino break-up e il ghiaccio marino freeze-up stanno cambiando provocando fenomeni disastrosi per gli orsi”
Nel corso dei 35 anni i ricercatori hanno scoperto che, in media, che la fusione del ghiaccio in primavera è passata da tre a nove giorni prima ogni dieci anni, e la caduta freeze-up è passata da tre a nove giorni più tardi per decenni, che corrisponde ad un cambiamento di circa 3 sette settimane di perdita totale di benefici derivanti dall’ habitat di ghiaccio marino per gli orsi polari.
“Ci aspettiamo che se le tendenze continueranno in modo lineare, gli orsi polari potranno sperimentare altre sei o sette settimane di assenza di ghiaccio entro la metà del secolo”,spiega Stern.
Questo lavoro finanziato dalla NASA è un ottimo esempio di come delle immagini satellitari possono risultare fondamentali per comprendere la distribuzione e l’abbondanza di una specie chiave, in questo caso quelle artiche.
Dott.ssa Rosa Ferro