Dopo due casi di violenza ai danni di due giovani ragazze sulla linea Milano-Varese, è stata lanciata una petizione per chiedere a Trenord di dedicare il vagone in testa al treno esclusivamente alle donne. Un’iniziativa che perpetua una logica sbagliata: addestrare le donne a proteggersi piuttosto che educare gli uomini alla non-violenza.
La petizione per una carrozza a uso esclusivo delle donne
Dopo la vicenda dello stupro a bordo del treno 12085 di Trenord, nella tratta Milano-Varese, avvenuto la sera del 3 dicembre, a cui è seguita la tentata violenza sessuale nella stazione di Venegono Inferiore, è stata lanciata una raccolta firme sul portale Change.org. “Abbiamo il diritto di usare i mezzi pubblici a qualsiasi ora del giorno senza paura. Per questo chiediamo a Trenord di dedicare, su tutte le sue linee, la carrozza di testa alle donne”, si legge nella petizione. A supporto della richiesta, si fa l’esempio di altri Paesi in cui le carrozze esclusive a bordo dei convogli esistono già, come ad esempio India, Brasile, Egitto, Malesia, Giappone. “In altre nazioni esistono carrozze dedicate alle sole viaggiatrici. In questo modo, a qualsiasi ora, si potrà viaggiare sicure.”
La problematicità nella richiesta della ghettizzazione delle viaggiatrici
Un vagone dedicato alle sole donne, come se fossero una specie diversa, l’altro sesso, il Secondo, per citare Simone de Bouvoir, non può né deve essere la soluzione per la sicurezza delle donne in strada e sui trasporti pubblici. A maggior ragione se la strategia attuata è quella della ghettizzazione. “Separare” le parti che hanno dinamiche di convivenza difficili è solo un sotterfugio fascista per arginare un problema e conviverci. E non è questa la strada per l’emancipazione femminile. “Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”, è il motto di Non Una Di Meno. E la stessa cosa vale per i trasporti.
Per rivendicare il diritto a sentirci sicure in strada e sui mezzi pubblici occorre occupare attivamente gli spazi fisici, politici e sociali, non soccombere alle dinamiche patriarcali di questi. Ghettizzare le donne per metterle al sicuro significa, ancora, colpevolizzare le vittime e non i carnefici. Ecco perché la richiesta non deve essere quella di trovare uno spazio circoscritto per le donne dove sentirsi sicure, bensì ridefinire tutti gli spazi affinché siano libere di sentirsi sicure. Necessario è cambiare la narrativa iniziando una trasformazione che parti da una ri-educazione e ri-formazione sul tema.