giovedì, Aprile 17, 2025

Genocidio in Ruanda nel 1994: da non dimenticare

C’è un uomo a Nyange, Aloys Rwamasirabo che non vuole dimenticare. Nel genocidio del Ruanda del 1994 Rwamasirabo ha perso 9 figli, la moglie, la madre e due sorelle. Una famiglia spazzata via assieme a tante altre. Si stimarono circa 2 mila vittime alla chiesa di Nyange nell’aprile del 1994. Ma in realtà il genocidio in Ruanda ha visto perire, tra aprile e luglio dello stesso anno un milione di ruandesi di etnia tutsi. I massacri della chiesa di Nyage sono tra i più terribili. Ad aggiungere orrore fu la consapevolezza della connivenza con le milizie radicali hutu dei sacerdoti della chiesa, tra i quali, padre Seromba, condannato all’ergastolo, che diede rifugio in chiesa a 2 mila persone per poi dare ordine ai bulldozzer di seppellirli dentro. Cosa da accapponare la pelle!

Il racconto di Rwamasirabo

Da 27 anni questo sopravvisuto difende il sito e la memoria dei suoi morti. Anche lui era dentro alla chiesa, vi aveva portato la sua famiglia certo che sarebbero stati salvi in quel luogo, come era già successo nel 1973. Invece divenne una trappola mortale: uomini, donne, bambini, giovani, e anziani per giorni stipati in condizioni disumane senza acqua, cibo e servizi igienici. E intanto che i miliziani hutu sparavano e lanciavano granate padre Seromba pianificava come sterminare i prigionieri, provò con un incendio prima delle ruspe. Era un uomo d’affari stimato Rwamasirabo prima del genocidio in Ruanda del 1994, ma perdette tutto mentre cercava di restare vivo durante la persecuzione degli hutu. La notte prima dell’abbattimento della chiesa l’uomo assieme ad altri pochi riuscì a scappare fuori da quella prigione per vedere, impotente, qualche ore dopo morire tutti sepolti.

Genocidio in Ruanda e la lotta di Rwamasirabo

Da 27 anni Aloys Rwamasirabo presidia e preserva il sito della chiesa di Nyage per accertarsi che tutti portino rispetto a quel luogo. Perchè è necessario ricordare i morti e i fatti, affinchè non succeda mai più. In questi anni, dopo il genocidio in Ruanda del 1994, la Chiesa cattolica ha cercato più volte di ostacolare il progetto dell’uomo di trasformare il sito della chiesa in memoriale. La disputa verteva sempre sulla questione che la Chiesa cattolica voleva costruire un’altra chiesa sul vecchio sito. Mentre Rwamasirabo su quella terra, dove erano morti i suoi cari, voleva far sorgere un memoriale. Anche perchè vista la tragedia avvenuta in quel terreno, sostiene l’uomo, esso appartiene ormai al governo e non più alla chiesa.


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Una chiesa ed un memoriale a Nyage per ricordare il genocidio in Ruanda

Si possono benissimo avere sia una chiesa che un memoriale ma non nello stesso sito. La determinazione di quest’uomo a voler ricordare e celebrare il ricordo dei caduti, mentre i sacerdoti stavano a guardare, è incomiabile. Ha combattuto per tanti anni ma alla fine, Rwamasirabo è riuscito nel suo intento: il memoriale è stato costruito, contro ogni tentativo da parte della Chiesa Ruandese di voler cancellare l’accaduto. In questo caso come in molti altri la responsabilità della Chiesa Cattolica è altissima: ha protetto e tutelato preti che si sono macchiati di crimini atroci come quelli avvenuti nel genocidio ruandese, solo perchè portavano un collarino. Ma sappiamo bene che essere preti esula dall’essere brave persone. Difatti ci sono dei preti che sono anche brave persone ma in questa strage raccontata ne furono avvistati pochi.

Cate Madapple
Cate Madapple
"Scientia potentia est: sapere è potere" è questo il mantra del giornalista che ad ogni nuovo giorno sa di sapere un po' di più.

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