venerdì, Aprile 18, 2025

Genitori e figli omosessuali: stop alle repressioni

Quattro maggio 2021. Sono ormai trascorsi tre giorni dal celebre concerto che caratterizza l’inizio di questo mese. L’evento si è svolto quasi come di consueto. Non è mancata la buona musica. Né, tantomeno, la voglia di rimarcare l’importanza della ricorrenza. Il primo maggio si parla di diritti. Di parità. D’umanità. Il rapper Federico Lucia, in arte Fedez, non è mancato nell’apportare alcune tematiche particolarmente significative. Tra queste, ciò che concerne le tematiche legate alla comunità LGBTQ+. Ponendo un occhio di riguardo alla genitorialità. Poiché ancora oggi abbiamo bisogno di capire cosa significhi possedere figli omosessuali.

Figli omosessuali: perché parlarne?

“Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno”. Queste parole sono state pronunciate dall’ex consigliere regionale della Lega Giovanni De Paoli. Frase con la quale Fedez introduce una parte del suo discorso del primo maggio. Ed è proprio da questa violenza verbale che dovrebbe nascere una riflessione. Sebbene siano passati ormai cinque anni dalla dichiarazione del politico, l’Italia del 2021 non è esente da atti di violenza. Ancora oggi siamo il paese nel quale alcune persone omosessuali e/o transgender vengono rinnegate dalla propria famiglia. Nel quale s’incasella l’amore in determinati canoni. I quali devono essere rigorosamente rispettati. Eppure, dovremmo ormai comprendere che la vita è composta da infinite sfumature. Non possiamo suddividere il fluire vitale in bianco e nero. Né considerare come corretto un determinato andamento rispetto a un altro. Tuttavia, pare che ci sia ancora parecchia strada da percorrere. Il cammino verso la parità di genere e l’unanimità dei diritti umani non può ancora dirsi compiuto nella sua interezza. Ecco perché è importante parlare di genitorialità e di figli omosessuali. Affinché ogni singola esistenza venga considerata come dignitosa. Perché anche il respiro più flebile non venga sommerso dal frastuono.

Il lato oscuro della genitorialità

L’essere umano possiede numerose tendenze sociali e culturali. Una di queste è senz’altro quella riguardante il procreare. Nel momento in cui una persona decide di mettere al mondo una vita, spesso a muoverla è un sentimento amoroso. Un innamoramento nei confronti di un divenire ancora sconosciuto. Ed è forse questo mistero che c’illude e ci scalda il cuore. D’un tratto s’instilla nella mente la convinzione che, per quanto la nostra vita sia a pezzi, l’arrivo di un bebè ci rimetterà in pace col mondo. Si esalta l’amore verso i/le figli/e come la forma d’affetto più pura e incondizionata. In virtù di ciò, sono necessari alcuni ragionamenti. Innanzitutto, è necessario guardare la realtà nel complesso. Dare alla luce un/a bambino/a non si significa creare un eterno neonato. Bensì, una persona. Un essere umano che ci terrà svegli la notte. Ci farà emozionare col suo primo vagito. Crescerà. Camminerà con le sue gambe. Prenderà decisioni. Scoprirà la sua vera essenza. Si farà strada in un mondo in parte compromesso.

I genitori possiedono il dovere di contribuire alla crescita fisica e mentale dei/delle propri/e piccoli/e. Il che c’impone d’abbandonare alcuni schemi mentali che ci portiamo dietro da secoli. Si dice che amare significhi aiutare il prossimo a raggiungere la libertà. Il regalo più grande che si possa fare ai/alle propri/e figli/e è esattamente questo. Amarli/e senza pretese. Aiutarli/e a ricercare la propria persona senza fornire esempi da seguire. È doveroso accettare, fin dal principio, che colui/colei che vedrà la luce a causa nostra, non è di nostra proprietà. Non sta a noi imporre decisioni. Ogni nuova vita ha il diritto di esplorare ed esplorarsi. Di potersi esprimere come meglio crede. Di amare a sua volta. Tenendo a mente che l’amore, quel sentimento che “move il sole e l’altre stelle”, non possiede alcuno schema da rispettare.


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Una falsa protezione

Ogni genitore, in genere, desidera il meglio per la prole. Gli adulti non sono altro che esseri viventi che hanno già una certa esperienza del circostante. Ecco perché essi cercano un continuo equilibrio tra il fluire vitale e la crescita dei/delle figli/e. In modo che s’instauri un’armonia tra i due elementi. Conoscere il mondo significa aver appreso anche i suoi lati oscuri. Tra cui le numerose discriminazioni che lo caratterizzano. Nessuno vorrebbe che il/la loro piccolo/a sia vittima di una qualche ingiustizia. Tuttavia, nessuno/a può dirsi in grado di proteggere il prossimo al cento per cento. E di certo, la via migliore non è la repressione. Non è impedendo ai/alle propri/e figli di esprimersi liberamente, che li/le proteggeremo. Non è attraverso la proibizione che aiuteremo questa società a guarire dalle ferite della violenza. Anzi. Nel momento in cui un individuo rinuncia alla propria libertà per paura di un possibile atto violento, il mondo intero può dirsi sconfitto. E lo sappiamo. Nella lotta contro la violenza, è quest’ultima che dev’essere messa a tacere.



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