Senza le truppe statunitensi, in Afghanistan sta andando spedita l’avanzata dei talebani, con crescenti episodi di violenza. Nel mentre che molti temono lo scoppio di una guerra civile, molti cittadini di dicono disposti a una fuga dall’Afghanistan. E i risultati di questa intenzione da parte di gran parte dell’opinione pubblica si fa già sentire da alcune stime. Il New York Times riporta infatti che, su base settimanale, oltre 30mila afghani lasciano il proprio Paese, sia per vie legali che illegali. Nonostante non sempre sia facile lasciare l’Afghanistan, le agenzie umanitarie avvertono di una possibile crisi di rifugiati.
Cosa sta comportando l’avanzata dei talebani?
Con il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, i talebani hanno avviato un processo di conquista in gran parte del territorio nazionale. L’avanzata dei ribelli costituisce sicuramente un grande timore per la popolazione, con un aumento sempre crescente delle violenze, sia nei confronti dei civili che degli interpreti e dei collaboratori degli americani. Una situazione di questo calibro è un motivo di fuga per gli afghani, motivo che non risulta essere del tutto nuovo. Come riporta il New York Times, infatti, già vent’anni fa diversi cittadini avevano deciso di fuggire in Pakistan a seguito di episodi violenti da parte dei talebani delle loro zone. Diversi di loro sono tornati dopo un decennio nel loro Paese d’origine, quando le truppe statunitensi avevano rovesciato il regime dei talebani. Ora, però, potrebbero arrivare ulteriori motivazioni che spingono questi stessi cittadini, così come molti altri, a non esitare a fuggire dall’Afghanistan.
I primi dati evidenziano già una fuga dall’Afghanistan
I dati dei rifugiati afghani in altri paesi fanno già percepire il timore dell’opinione pubblica locale nei confronti di una possibile guerra civile, nonché di una brutale avanzata talebana. Alcune stime mostrano che i ribelli hanno preso il possesso di oltre la metà dei quattrocento distretti che compongono l’Afghanistan. Quest’anno di contano circa 330mila sfollati afghani, di cui a metà, secondo le Nazioni Unite, ha intrapreso la propria fuga dall’Afghanistan a seguito del ritiro delle truppe USA a maggio. Sono in molti ad aver trovato rifugio in spartani campi tendati, oppure nelle case dei parenti delle aree urbane, unici luoghi ancora nelle mani del governo di Kabul. Non sono pochi neanche coloro che si affidano ai cosiddetti pick-up dei trafficanti, nella speranza di riuscire a passare il confine illegalmente.
Il New York Times riporta che, rispetto a prima del ritiro delle truppe internazionali, il numero di espatri illegali è incrementato del 30-40%, con oltre 30mila persone che fuggono dal Paese mediorientale su base settimanale. Ciò potrebbe comportare, secondo delle agenzie umanitarie, a una crisi di rifugiati dovuta alla fuga di massa dall’Afghanistan a causa dell’avanzata talebana.
Le emigrazioni sono spesso difficoltose
A rendere però difficoltose le emigrazioni sono molteplici fattori. Un esempio è quanto previsto dall’accordo stipulato nel 2016 per arginare l’arrivo di migranti dalle aree di guerra, che consiste nel rimpatriarli. Centinaia di migliaia di rifugiati sono dunque stati respinti da Iran, Pakistan e Turchia, noti per ospitare il 90% degli afghani sfollati a livello globale. Anche le restrizioni dovute al coronavirus giocano un ruolo fondamentale, con procedure più difficoltose pe compiere le migrazioni, legali o illegali che siano. A limitare il passaggio delle frontiere non sono però solo le precauzioni per arginare la pandemia. Non sono infatti poche le nazioni confinanti con l’Afghanistan che hanno rafforzato i propri confini, avvertendo di non essere economicamente in grado di gestire un nuovo flusso di migranti. Alcuni governi, tra cui quello del Tagikistan, si sono però offerti di accogliere circa 100mila rifugiati afghani, assieme ai 1600 già arrivati a luglio.
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