mercoledì, Aprile 16, 2025

Franco Basaglia: la fine dell’orrore nei Manicomi

Franco Basaglia è ricordato, unanimemente, come colui che ha restituito la dignità a coloro affetti da malattia di natura psichica. È a lui che si deve l’approvazione della famosa legge 180 del 1978, anche detta “Legge Basaglia”, che inaugura una nuova era nella cura della malattia mentale.

Franco Basaglia: uno psichiatra all’avanguardia, contro i Manicomi

Franco Basaglia nasce nel 1924 a Venezia. Nel 1949 ottiene la laurea in medicina all’Università di Padova per specializzarsi, nel ’53, nell’ambito delle malattie e disturbi mentali.

Da subito, in aperto dissenso nei confronti dell’allora vigente normativa, che reggeva l’ordinamento degli ospedali psichiatrici. Basaglia non condivideva gli ideali di Lombruso, in particolar modo. Non riteneva adatti, tanto meno funzionali, i trattamenti cui venivano sottoposti i malati, spesso feroci e lesivi della dignità umana (si pensi alla lobotomia o alla camicia di forza). Non concepiva dunque, alla medesima maniera, il concetto primario alla base dei metodi in uso nei confronti di chi soffriva di disturbi mentali e malattie psichiche. Tali metodi annullavano, di fatto, l’essenza stessa della persona. Il malato internato in manicomio cessava di essere una persona per divenire una cavia, un animale in gabbia.

La svolta, il punto di non ritorno, fu l’ingresso di Basaglia nell’ospedale psichiatrico di Gorizia (1961). Qui tocca con mano, assiste da vicino e con i propri occhi agli orrori ed alle sevizie che si consumavano tra le mure di queste strutture, anguste e spaventose.

Il manicomio era la tomba dei diritti civili ed umani, prima di tutto. Qui, i malati pativano le pene dell’inferno e nulla, all’interno di essi, pareva essere studiato per essere loro d’aiuto. Primo fra tutti, ciò che veniva a mancare, era il contatto umano. Non vi erà umanità in quei luoghi. Il paziente, non era un paziente ma un oggetto. Il medico, non era un medico, ma un carceriere.

Approccio alla malattia mentale, innovazioni e progressi

Avvicinatosi alla teoria di Freud secondo cui, tra malato e terapeuta, dovesse instaurarsi un rapporto basato sulla fiducia, sul dialogo e sul rispetto. Il medico deve, innanzitutto, guadagnare la fiducia del paziente, in modo che questi si apra a lui, permettendogli di sondare la sua mente, il suo inconscio. Nulla a che vedere, insomma, con la distruzione della persona che, invece, si consumava regolarmente e quotidianamente.

Nel ‘900 il Manicomio era una struttura in cui venivano confinati “i pazzi”. Tutti coloro che adottavano atteggiamenti e comportamenti pericolosi, che potevano ledere la sicurezza dei cittadini sani di mente.

La mentalità dell’epoca portava a ritenere la follia un male da estirpare ed annientare. Il “pazzo” andava fermato, disarmato e reso inoffensivo. Per raggiungere lo scopo, però, venivano impiegati metodi, a dir poco, agghiaccianti. Elettroshock, camicie di forza, cinghie contenitive. Ancora, docce ghiacciate, calmanti e lobotomie.

L’essere umano perdeva la sua umanità. Non vi era rispetto nella cura degli individui affetti da turbe psichiche. Franco Basaglia rimane inorridito e incredulo dinnanzi a simili pratiche, che nulla hanno a che vedere con la riabilitazione dell’individuo.

Franco Basaglia basa la sua intera carriera e i suoi studi sulla malattia mentale sul semplice assunto per cui il “pazzo”, prima di essere tale, è una persona. Il “pazzo” è un soggetto vivente, dotato di un’anima, che non deve essere calpestata. Non c’è nulla di giusto, né di finalizzante, nell’umiliare e nel rendere il soggetto, da curare, una “bestia in cattività”. Per queste ragioni riuscì, in seguito a una lunga lotta, a convincere che quella che si stava percorrendo, era la strada sbagliata.

Franco Basaglia restituisce la dignità perduta

La prima cosa a mutare doveva essere la considerazione del paziente: un individuo, con i suoi diritti, che versa in una condizione sfavorevole e di infermità. Come tale va aiutato, seguito e supportato, al fine di pervenire ad un recupero e al miglioramento del suo stato di salute mentale.

Secondo la sua ottica il manicomio, sia nella sua concretezza che nel concetto astratto a sua rappresentanza, doveva cessare di esistere. Al suo posto dovevano sorgere comunità terapeutiche in cui operatori e pazienti sono posti sul medesimo livello. Tutti individui degni, alla pari, di essere trattati con il dovuto rispetto. È l’umanità, la carta vincente. Il malato deve sentirsi compreso, accolto ed ascoltato. Non è uno scarto della società, ma un membro di essa

I metodi, violenti, aggressivi ed invasivi sopracitati, vengono aboliti. Le terribili terapie con l’elettroshock sono rimpiazzate dalle terapie a base di farmaci. La sanità mentale viene così guardata come un obbiettivo da conseguire. La malattia mentale, una malattia come quelle che affliggono il corpo.

Al fine di intraprendere un percorso la cui metà era la riabilitazione, anche a livello sociale, del malato, Franco Basaglia realizza il progetto di creare laboratori all’interno delle comunità. Nell’ambito di essi i malati potevano rendersi utili, svolgendo lavori manuali, artistici, in cui potevano dimostrare le proprie abilità e progressi.

In tal modo, poté dimostrare agli occhi di tutti, anche dei più scettici ancorati ai vecchi metodi, il valore delle sue giuste intuizioni.

Legge 180 del 13 maggio 1978: cambia la consapevolezza rispetto alla malattia mentale

Il 13 maggio 1978 è una data storica. La data in cui entra in vigore la Legge Basaglia, che pone ufficialmente fine all’orrore del manicomio. La legge, infatti, decreta la chiusura di tali strutture, ridonando dignità al concetto stesso di malattia mentale sino ad allora denigrato.

Una nuova scuola, una nuova mentalità, insomma, una nuova generazione di terapeuti e psichiatri. Il concetto base che li accomuna è l’essere concordi sul porre la persona in primo piano. Con la nuova legge i malati non erano più visti come pericolosi elementi da allontanare ma come individui da ripristinare, ristabilire e reintegrare nella società.

Morte

Franco Basaglia ha fornito un contributo fondamentale nello studio delle malattie della psiche e della mente. Il suo operato costituisce, tutt’oggi, un fondamentale precedente storico.

Franco Basaglia muore il 29 agosto 1980 a Venezia a causa di una neoplasia al cervello.

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