giovedì, Aprile 17, 2025

Femminismo e maschilismo: assonanti ma differenti


Chi non si è mai ritrovato di fronte a questi due termini, senza domandarsi se vi sia o meno una correlazione fra di essi? Ciò è comprensibile. E’ naturale notare come i due lemmi suonino in modo simile, e di conseguenza incasellarle in un mondo affine. D’altra parte però, non sempre questo ragionamento ci porta sulla retta via, proprio come in questo caso. Andiamo dunque a fare un po’ di chiarezza.

Che cos’è il femminismo?

Partiamo dalle basi: il femminismo, è un movimento storico. Il suo fine, è la conquista della parità rispetto all’uomo. Proviamo infatti a fare un passo indietro: nel corso della storia, il genere maschile ha sempre avuto un potere superiore, rispetto a quello femminile. Fin dall’antichità, le donne sono sempre state viste più comunemente come mogli e madri, come se questo fosse il loro ruolo naturale. Nella preistoria gli uomini di casa cacciavano, le donne restavano a casa a cucinare e ad accudire i loro piccoli. Durante le guerre, i mariti scendevano in campo a combattere, e le mogli? Vedi riga sopra. Le cose sono rimaste così per molto tempo: i signori portavano i soldi a casa, mantenevano la famiglia. Le signore si occupavano di quest’ultima rimanendo.
Conseguenza di tutto ciò, è senz’altro una ripartizione diseguale dei poteri, nonché una visione unidirezionale dei due generi. Ed è proprio da qui, che nasce il femminismo.
Dunque, da qui posso smentire l’affermazione del mio amico: il femminismo non punta alla prevaricazione, bensì alla parità. Come si ottiene la parità? Principalmente, attraverso l’acquisizione dei diritti, gli stessi che gli uomini possedevano già. Un esempio è il diritto di voto: le donne si sono infatti presentate alle camere elettorali per la prima volta nel 1946.
Possiamo quindi ben capire che lo scopo delle donne non era quello di sopraffare, bensì quello di avere pari dignità, diritti e doveri rispetto agli uomini.

E il maschilismo?

Abbiamo spiegato dunque che cos’è il femminismo. Adesso tocca al maschilismo: con questo termine, si indica l’atteggiamento sessista atto alla prevaricazione del genere maschile su quello femminile. Quando si considera un uomo superiore alla donna, solo per via del suo genere d’appartenenza, quello è maschilismo, una forma di discriminazione.

Perché li confondiamo così facilmente?


Beh, la risposta è molto semplice: l’assonanza inganna. Due termini così simili e così legati al genere d’appartenenza, è facile che facciano subito pensare a una sorta di lotta alla sopraffazione dei due generi.
Quando si parla di femminismo, sorge sempre una domanda: perché non cambiargli nome? Se infatti si tratta semplicemente di ricercare la parità tra uomini e donne, non è forse fuorviante questa parola? Magari per alcune persone lo è. Ad ogni modo, se ancora oggi lo chiamiamo femminismo, e non “egualitarismo”, o con altri termini simili che sono stati proposti, è perché ci dobbiamo ricordare della storia. Il femminismo nasce nella prima metà del ventesimo secolo con le suffragette, per chiedere il diritto di voto. Si hanno poi diversi sviluppi del movimento. Il femminismo odierno, non è di certo lo stesso di cinquanta o trent’anni fa. E’ però importante ricordare la sua origine, ecco perché ancora oggi il vocabolo non ha subito modifiche.
D’altronde, è la storia a ricordarci il passato. E senza passato, non vi è futuro.

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