“Capire tu non puoi. Tu chiamale se vuoi, emozioni”
Così cantava Lucio Battisti negli anni settanta. L’intento del brano è quello di esternare la parte più fragile e profonda dell’essere umano. Con queste parole, il cantante esprime l’enormità degli stati d’animo che lo coinvolgono. Ci racconta quanto sia difficile gestirli, dar loro un senso, una direzione, un’utilità. Ci spiega che, per quanto a volte le emozioni siano silenziose, celino in realtà un tumulto immenso.
Da cosa potrebbe scaturire il bisogno di esprimersi attraverso la musica? Beh, ammettiamolo, l’essere umano è un animale estremamente complesso, anche a livello emotivo e psicologico. Difficilmente due parole scambiate durante il giorno sono sufficienti per far venire alla luce ciò che ci passa per la testa.
Raramente un pianto, una risata o un mezzo sorriso appagano a pieno la nostra emotività.
Per fortuna, su questo l’arte ci viene incontro: che si tratti di musica, pittura, disegno, scrittura, recitazione o qualsiasi altra forma artistica. L’uomo conosce l’arte come mezzo di comunicazione. L’espressione creativa fa da tramite tra l’essere umano e il mondo che lo circonda.

Cosa sono le emozioni?
Possiamo definire le emozioni come stati mentali e psicologici aventi origini sia endogene, sia esogene. Ciò significa che è possibile provare un’emozione sia in seguito a un avvenimento esterno, sia a uno interno. Basti pensare a quando sperimentiamo l’euforia dopo aver appreso a una bella notizia, o ci sentiamo tristi senza un’apparante ragione.
Le emozioni sono definite inoltre dei processi multicomponenziali, ossia articolate da più componenti che possono andare incontro a un’evoluzione.
Le origini delle emozioni
A proposito di evoluzione: uno dei primi scienziati che si dedicò allo studio delle emozioni fu l’inglese Charles Darwin. Egli notò una certa somiglianza emotiva fra i primati non umani e gli uomini.
E’ curioso pensare quanto le emozioni riescano a influenzare la vita di ogni individuo.
Addirittura, alcuni studiosi sostengono che le emozioni possano apportare cambiamenti fisiologici all’interno del nostro organismo. Sostenitore assoluto di questa teoria è lo psicologo americano William James. Con la sua “teoria dell’emotività periferica o viscerale” .
Egli spiegò che l’evento emotigeno, quando percepito, scaturisce una serie di cambiamenti a livello viscerale e neurovegetativo. Questi eventi vengono però percepiti dal soggetto come esperienza emotiva. Secondo lui “noi non piangiamo perché siamo tristi, ma siamo tristi perché piangiamo”.
Le emozioni esercitano talmente tanto potere su di noi, che ci è impossibile non interrogarci sulla loro origine.
D’altra parte, l’essere umano è in buona parte estremamente razionale. Egli desidera un rapporto causa- effetto per qualsiasi cosa. Il problema è che, quando parliamo di emozioni, è difficile affidarci del tutto alla razionalità.
Il termine emozione deriva dal verbo latino emovere, cioè tirare fuori, scuotere. Ed è proprio questo ciò che fanno le emozioni: esternano i nostri più profondi e segreti stati d’animo.
Giudicare le emozioni
Lo facciamo tutti. A chi non è mai capitato di ritrovarsi di fronte all’amico in lacrime ed esclamare: “Su, non piangere! Così sei esagerato!”. E’ che questo è il comportamento che ci viene bonariamente insegnato da chi ci cresce. Tendiamo a credere che i motivi per i quali noi piangiamo, siano in realtà quelli per i quali in generale valga la pena far scendere una lacrima. Tutto il resto sono idiozie, esagerazioni per l’appunto.
In quanto esseri estremamente complicati e un po’ egoisti, spesso noi umani tendiamo ad avere una visione unidirezionale del mondo.

Facciamo un esempio: ci troviamo in una stanza. Attorno a noi ci sono vari oggetti. Vedo un quadro appeso alla parete e lo descrivo mentalmente. Ciò che mi colpisce sono innanzitutto i colori sgargianti. Penso poi a quanto il pittore sia stato bravo e paziente nel dipingere i piccoli volti delle persone uno ad uno, senza tralasciare il minimo particolare.
Un’altra persona entra nella stessa stanza nella quale mi trovo e si mette a osservare lo stesso quadro: si chiede immediatamente quale potrebbe essere stato il periodo storico in cui il dipinto è stato creato. Poi sposta lo sguardo verso il vasto lago riportato in ogni sua minuscola sfumatura.
Chi ha ragione? Nessuno dei due. O meglio, entrambi.
Il punto è che siamo tutti, nessuno escluso, diverso. Di conseguenza, anche la percezione del mondo cambia da soggetto a oggetto. Se è così per ciò che possiamo vedere con i nostri occhi e toccare con le nostre mani, immaginatevi come potrebbe funzionare per le emozioni. Esse sono totalmente personali, oltre che neutre. Nessuno può comprendere appieno gli stati emotivi altrui.
Dunque, come comportarsi? Credere, è la parola d’ordine. Seguita direttamente da non giudicare. Crediamo alle emozioni del prossimo. Ascoltiamole. E non diamo loro alcun giudizio, poiché esse, semplicemente, si provano.