martedì, Aprile 15, 2025

El Salvador, condannata a 30 anni dopo lo stupro

Incredibile la vicenda che arriva da El Salvador: una giovane  dopo aver subito uno stupro e conseguentemente un aborto spontaneo, è stata condannata a trent’anni per omicidio. Ecco la storia di Evelyn.

El Salvador è uno Stato dell’America centrale che si basa prevalentemente sull’economia di piantagione. Caffè, cotone, canna da zucchero vengono da qui. Un’economia latifondista concentrata nelle mani di pochi, un paese che sta tentando di risalire la china dopo una devastante guerra civile iniziata nel 1979 e terminata nel 1992, che ha contato 75 mila vittime ma ancor più grave ha lasciato un paese assuefatto alla violenza, agli omicidi, alle sparizioni, alla corruzione, al crimine organizzato. Un paese dove le istituzioni faticano a trovare il loro spazio e la giusta dignità e dove la strada da fare in fatto di diritti umani è ancora lunga.


La violenza e la condanna per Evelyn.

Lo testimonia la storia di Evelyn Beatriz Hernàndez Cruz, che si è imbattuta in una delle restrizioni legislative più forti di questo paese: l’illegalità dell’aborto. Anche l’aborto spontaneo è considerato omicidio aggravato. L’interruzione di gravidanza è pari a un omicidio volontario. Secondo il Rapporto Annuale di Amnesty, nel 2015 – 2016, nelle carceri del paese si contano 15 donne condannate per motivi riguardanti la loro gravidanza. Ma dal 1997 al 2013 sono state arrestate 600 donne. Evelyn va ad aumentare le fila delle donne carceratee. Perché il Tribunale del suo Paese le ha inflitto una pena di trent’anni per un aborto.

 

El Salvador

Evelyn aveva subito una violenza. Per strada da una di quelle gang che seminano terrore. Una violenza di cui vergognarsi e da non denunciare. E non sapeva di essere incinta. Mentre era a scuola ha cominciato a sentire forti dolori al ventre. La sua gravidanza era all’inizio del terzo trimestre. Ha partorito nel bagno. Non si sa se il feto era già morto o ancora vivo. Evelyn è accusata di averlo gettato nello scarico del wc. L’accusa sostiene che il bambino era nato vivo e il suo omicidio aggravato è costato a questa diciannovenne salvadoregna una pena di trent’anni.

La storia di Evelyn ha avuto una vasta eco grazie alle associazioni umanitarie che si sono strette intorno a lei per solidarietà. Secondo il  Center for Reproductive Rights ad Amnesty International, gli stati che vietano l’aborto operano una grave ingiustizia nei confronti delle donne.

Prima di Evelyn, Sonia  e tante altre. Ora per Evelyn si deve solo sperare in qualche grazia. O forse in un miracolo. Come è accaduto a Sonia Tabora, una ventiduenne che aveva avuto un aborto spontaneo mentre raccoglieva caffè in una piantagione. Anche i medici che le avevano salvato la vita furono condannati per omicidio volontario. Sonia, sostenuta da associazioni internazionali e da una dettagliata documentazione che dimostrava come l’aborto fosse avvenuto indipendentemente dalla sua volontà, è riuscita a ottenere che un Tribunale condannasse lo stato a un risarcimento.

Il grido di dolore di Amnesty International. La strada è ancora lungaLa realtà dei fatti dimostra come i diritti delle donne siano ancora violati. Di conseguenza crescono gli aborti clandestini che vengono praticati in condizioni così estreme che fanno ulteriormente peggiorare la già debole condizione femminile. In un paese dove la tutela delle donne non trova forza neanche nella politica (nei mesi scorsi il partito conservatore aveva avanzato la proposta di aumentare le pene a 50 anni), Amnesty International porta avanti le sue battaglie. Contro la proposta dei conservatori ha lanciato su Twitter la campagna #MenosPenasMasSalud. 

 

 

 

Mariagrazia De Castro
Mariagrazia De Castro
Laurea in Economia Ambientale, Ph.D. in Analisi dei Sistemi Economici e Sociali. Docente, autrice di saggi, libri, racconti. Articolista per il web. Mi piace scrivere di economia, ambiente, cultura, turismo e gastronomia.

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