Il 22 luglio 1882 a Nyack, nei pressi di New York, veniva al mondo Edward Hopper, artista di fama internazionale che sarebbe stato definito come colui che era in grado di «dipingere il silenzio», nonché anticipatore della Pop Art. Tra i suoi grandi estimatori c’è stato il poeta e critico d’arte francese André Breton che, in un’intervista rilasciata a View nel 1941, lo paragonò a Giorgio De Chirico.

In realtà, bisogna sottolineare che tra le peculiarità del pittore americano c’è sempre stata quella di non essere stato particolarmente legato ad una determinata corrente artistica, giacché dotato di uno stile tutto suo e inconfondibile. Infatti se è vero che nelle sue opere ricorse a dei tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti francesi, è pur vero che a questa caratteristica unì un’arte del tutto personale che fece dei suoi dipinti dei veri e propri capolavori inimitabili. Spesso i quadri avevano un andamento geometrizzante, al quale veniva unito un gioco di luci fredde, inquietanti e in certi frangenti «artificiali».
Le opere di Edward Hopper riuscivano a trasmettere distintamente una profonda distanza e mancanza di qualsiasi forma di comunicazione tra i soggetti. Di solito gli sguardi e le attenzioni dei protagonisti dei dipinti andavano ben oltre lo scenario in cui venivano inseriti, dando allo spettatore la sensazione che si rivolgessero verso un «altrove» non ben definito, circondati da un senso di solitudine e di intenso silenzio.
Edward Hopper: la formazione giovanile
Quando aveva appena 18 anni, Edward Hopper iniziò a frequentare la New York School of Art che in quel periodo era sotto la direzione di William Merritt Chase, pittore statunitense che aveva aderito alla corrente dell’impressionismo europeo. Qualche anno dopo il giovane artista si trasferì a Parigi, dove fin da subito rimase colpito e affascinato dagli impressionisti transalpini e anche dalla poesia simbolista. Rientrato negli Stati Uniti, lavorò prevalentemente come illustratore pubblicitario, senza però rinunciare alla sua passione per i viaggi che lo portò a Londra, Berlino e Bruxelles, prima di approdare nuovamente a Parigi.
La capitale francese fu grande fonte d’ispirazione per l’artista americano che, sulla scia di alcuni grandi di quel periodo come Monet, Courbet, Manet e Goya (solo per citarne alcuni) realizzò numerosi dipinti. Dopo questo secondo soggiorno parigino ritornò nella sua New York dove accantonò per qualche tempo la pittura per dedicarsi esclusivamente allo studio delle tecniche di incisione. In quest’ambito fu molto apprezzato, infatti ottenne diversi riconoscimenti, tra i quali uno dei più prestigiosi fu quello conferitogli dalla National Academy of Design.

Nel 1918 ebbe l’onore di entrare a far parte del Whitney Studio Club, uno dei circoli artistici americani più attivi di quel periodo. Proprio in questa sede poté organizzare la sua prima personale dopo appena due anni, esponendo tra gli altri uno dei suoi immortali capolavori, Soir Bleu. Fu un momento di svolta nella produzione di Edward Hopper, perché con quest’opera si allontanò dalle atmosfere felici che aveva appreso durante i suoi soggiorni in Francia, per abbracciare invece quello stile tutto suo, profondo e di distacco, che lo avrebbe reso il Maestro della pittura del «silenzio».
L’esposizione a Gloucester e il successo internazionale
Un altro momento molto importante nella vita di Edward Hopper si ebbe nel 1924 quando alcuni dei suoi acquerelli vennero esposti a Gloucester presso la galleria di Frank Rehn. Da quel momento il pittore americano cominciò ad essere apprezzato e ammirato a livello internazionale, e ciò gli permise di vivere della sua arte e non più soltanto per il lavoro come illustratore di riviste.
Rembrandt: il pittore che trasformò la sua inquietudine in arte
Grazie alla popolarità raggiunta con la mostra presso la sede di Rehn, l’artista statunitense iniziò a diventare un punto di riferimento del cosiddetto «realismo americano». Nel 1925, il suo quadro Apartment Houses fu acquistato dalla Pennsylvania Academy, diventando così il primo dipinto a olio di Hopper a far parte di una collezione pubblica. Nel 1930, invece, l’opera House by the Railroad (che negli anni a seguire avrebbe ispirato Alfred Hitchcock per la casa di Psyco) fu donata dal collezionista Stephen C. Clark al MOMA di New York e da quel momento venne inserita nella collezione permanente del muso statunitense. Dopo diverse retrospettive dedicategli non solo dal MOMA, ma anche dal Whitney Museum of American Art, il pittore ottenne anche una copertina sul prestigioso Time.

Edward Hopper morì il 15 maggio 1967 a 85 anni mentre si trovava nel suo studio di New York. Il suo inconfondibile stile lo ha portato a rappresentare strade cittadine, interni di appartamenti, locali e teatri in cui le immagini brillanti non hanno mai trasmesso vivacità, e gli spazi, pur essendo reali, hanno sempre diffuso qualcosa di metafisico come ad esempio in Giorgio De Chirico. Le sue atmosfere sono quasi sempre state avvolte e circondate dal silenzio e, nelle opere in cui è possibile ammirare più di un soggetto umano, questi non comunicano mai tra di loro, simboleggiando una profonda estraneità e un senso di solitudine e «silenzio» dell’anima.