“La transizione alla Green Economy” è il titolo del nuovo libro di Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile. A dieci anni dalla nascita di una fondazione che ha portato avanti le teorie di sviluppo legate a un’economia sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e della società, esce un libro che affronta il tema di un necessario cambiamento per lo sviluppo economico. Il consumo eccessivo del suolo, le risorse sempre più scarse e i cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno causato notevoli danni economici e sociali rendono sempre più urgente ripensare il sistema economico del nostro Paese in ottica green. La stesura di questo libro è dovuta all’esigenza di fare il punto della situazione, individuando i risultati e le difficoltà incontrate in questi anni, ma anche alla necessità di raccontare la storia positiva della green economy per uno sviluppo umano sostenibile e per una migliore qualità della vita.
Presidente Ronchi, sono passati 10 anni da quando si è iniziato a parlare di green economy. Che cosa è cambiato in questi 10 anni?
“L’idea che l’economia debba cambiare in direzione green, e che ciò possa avvenire, è ormai entrata nel dibatto internazionale; gli studi e l’elaborazione culturale e scientifica hanno ormai accumulato a livello internazionale numerose pubblicazioni che hanno arricchito la conoscenza e la strumentazione della green economy e in alcuni settori economici chiave della green economy ci sono stati importanti passi avanti, anche se i cambiamenti in questa direzione sono ancora troppo lenti e non abbastanza estesi”.
Nel suo libro “La transizione alla green economy” parla dell’inefficacia della decrescita come strategia di sostenibilità. In cosa è sbagliata la teoria di Latouche?
“Come politica economica scelta e praticata volutamente da governi democratici, abbastanza diffusa nel mondo e abbastanza durevole per produrre gli effetti dichiarati, è impraticabile e socialmente molto rischiosa, in particolare per la parte più povera della popolazione. C’è un’alternativa più efficace perché può essere estesa e durevole e perché socialmente più sostenibile: quella della green economy che fa crescere alcune attività economiche e promuove la conversione di altre. Non si tratta di opporre alla decrescita la difesa di una crescita economica indifferenziata e illimitata, basata sul consumismo ormai insostenibile, ma invece di una crescita della green economy, sostenibile in uno spazio ecologico limitato, di elevata qualità ecologica e a basse emissioni di carbonio, circolare nell’utilizzo delle risorse, che punti ad un miglior benessere, più sobrio e inclusivo”.
Perché è diventato fondamentale procedere alla transizione alla green economy?
“La globalizzazione del vecchio tipo di sviluppo economico, basato su un elevato consumo di energia di origine fossile che nel secolo scorso ha registrato un incremento tre volte superiore alla crescita, consistente, della popolazione mondiale, non è più sostenibile, quindi non è durevole, né ulteriormente estendibile. Sta generando una crisi climatica gravissima, anche se ancora sottovalutata dai più ed una crisi ecologica della biodiversità su scala globale, già ben studiata ma ancora più trascurata di quella climatica. Le ricadute, non solo ambientali e sociali di queste crisi globali ed economiche, sono già rilevanti e tendono a diventare sempre più centrali. Da queste crisi globali è sorta l’esigenza di una nuova economia che possa sostenere uno sviluppo sostenibile nella nostra epoca”.
Quali sono i settori economici che hanno saputo afferrare i vantaggi della green economy?
“L’Unep, il Programma ambientale delle Nazioni Unite, ne ha indicati 7: l’energia, la manifattura, l’agricoltura, i trasporti, la gestione dei rifiuti, le costruzioni e il turismo. In tutti questi cruciali settori economici la necessità di affrontare impatti ambientali rilevanti ha generato una spinta green al cambiamento, promosso nuove tecnologie, conversioni di attività e di pratiche verso una più elevata qualità ecologica che ha generato nuove possibilità di sviluppo”.
Quali azioni economiche, sociali e politiche sono necessarie per passare alla green economy?
“La transizione alla green economy è un processo in atto, può essere sostenuto o ostacolato. Il suo esisto non è scontato. Le politiche pubbliche hanno un grande peso in questa transizione, in particolare le politiche ambientali e quelle fiscali. Grande peso ha l’eco-innovazione: l’innovazione della digitalizzazione, della dematerializzazione, delle tecnologie, delle buone pratiche e tecniche orientate alla sostenibilità. Un ruolo importante è anche quello delle imprese, protagoniste dei cambiamenti economici. Politica e imprese ricevono una spinta importante dai cittadini, sia come elettori che come consumatori”.
Il suo libro è stato presentato nei giorni scorsi alla Camera dei Deputati. Quali sono state le reazioni?
“La narrazione della transizione alla green economy che propongo con questo libro punta a sollecitare convergenze ampie e durature su alcuni contenuti di fondo, premessa necessaria per cambiamenti di vasta portata. Punta quindi a valorizzare gli aspetti positivi e fattibili di questo cambiamento, anche se non vengono nascosti gli ostacoli che si possono incontrare. Alla base di questa narrazione c’è un pensiero critico, non conformista, di ispirazione ecologista che è consapevole di chiedere cambiamenti, non equidistanti ma rilevanti ed estesi a tutte le culture politiche prevalenti e che non colgono la effettiva priorità e le conseguenti implicazioni della questione ecologica in questa nostra epoca e che, per questo, punta al dialogo e al confronto con le diverse culture politiche. La presentazione alla Camera dei Deputati ha visto la presenza di parlamentari di quasi tutti i gruppi e il dibatto è stato interessante e di merito”.
Che tipo di atteggiamento e quali azioni si aspetta dall’attuale Governo rispetto al lavoro sulla green economy?
“Il Consiglio nazionale della green economy, che comprende 66 organizzazioni di imprese e del quale faccio parte in rappresentanza della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, sta elaborando una proposta di alcune priorità da proporre al Governo e al Parlamento per questa legislatura. Le proposte saranno portate agli Stati generali della green economy che si terranno a Ecomondo a Rimini, anche quest’anno ai primi di novembre. Ci aspettiamo intanto disponibilità al confronto su queste proposte e poi seguiremo via via i vari provvedimenti per valutare i risultati”.
Ci sono Paesi, città o realtà più piccole che possono essere prese come esempio per la transizione alla green economy?
“Intanto l’Italia realizza performance nella green economy migliori della loro percezione sia all’interno che all’estero. Siamo un leader europeo nel riciclo dei rifiuti speciali e in ottima posizione in quello dei rifiuti urbani, in particolare degli imballaggi; siamo ben posizionati nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili e occupiamo posizioni di eccellenza ecologica nel comparto agroalimentare e in alcuni settori industriali come la chimica verde. In buona posizione troviamo anche la Germania, la Francia e i Paesi del Nord Europa. Le città più avanzate del mondo puntano tutte sul green. Noi stiamo recuperando, anche se pure in Italia c’è un lungo elenco di buone iniziative che potrebbero essere citate. In particolare è in corso un’iniziativa importante per promuovere le green city anche in Italia. La transizione alla green economy è ormai un processo di vasta portata: citare solo alcuni casi di buone pratiche sarebbe riduttivo e fare un’elenco minimamente rappresentativo richiederebbe ben altro spazio”.