Don Pino Puglisi era il parroco della chiesa nel quartiere Brancaccio di Palermo. Una realtà sociale molto difficile, dove il potere delle cosche mafiose regnava sovrano. Perfettamente consapevole dell’intricata trama in cui era inserito, non si diede per vinto. Lottò, ogni giorno, affinché i più giovani e i bambini, in quel quartiere della periferia di Palermo, potessero avere l’opportunità di inseguire un futuro migliore. Un futuro che li voleva lontani dal fascino ingannevole del male.
Per questa sua volontà, divenuta una vera e propria missione, è vittima della mafia. Ucciso per mano di Cosa Nostra, Don Pino Puglisi muore il 15 settembre 1993.
Esattamente 27 anni fa. Nel giorno del suo 56° compleanno perde la vita, un uomo che ha avuto il coraggio di affrontare, da solo, un nemico potente, armandosi unicamente della propria fede e della speranza verso una Sicilia libera dalle mafie.
In suo onore, e per mantenere sempre vivo il suo ricordo, numerose scuole, vie e strutture accoglienti attività sportive e sociali sono intitolate a lui.
Chi era Don Pino Puglisi?
Giuseppe Puglisi nasce il 15 settembre 1937, a Brancaccio. Il 2 luglio 1960 diventa sacerdote. Sin dall’inizio dimostra un particolare interesse nel dedicarsi a coloro che abitano realtà degradate, come i quartieri più malfamati della città di Palermo.
Dopo una serie di incarichi e di mandati presso altre parrocchie, il 29 settembre 1990 viene inviato presso la parrocchia di San Gaetano, nel quartiere i cui è nato.
Don Pino Puglisi conosceva, profondamente, gli arcaici e solidi meccanismi che reggevano realtà come quella del quartiere Brancaccio. Sapeva che la mafia godeva di totale sottomissione da parte degli abitanti. Passeggiando per le vie diroccate del quartiere non può fare a meno di constatare la condizione di abbandono ed indifferenza in cui versano bambini, adolescenti e giovanissimi lasciati a sé stessi. Figli della strada, ognuno solo con sé, a vivere di espedienti e nella più totale assenza di istruzione.
Don Pino Puglisi si sente particolarmente coinvolto. Il suo desiderio è quello di “salvare” ognuno di loro. Toglierli dalla strada, da una vita nella criminalità organizzata. Ne fa lo scopo della sua missione. Il suo impegno nel far comprendere ad ognuno di loro che esisteva un’altra strada, alternativa a quella del male, gli è costato la vita.
Fece anche molto altro. Si impegnò nella “ristrutturazione” del quartiere promuovendo opere quali la creazione di una scuola media, al fine di offrire ai ragazzi la possibilità di studiare.
Don Pino Puglisi: un ostacolo per Cosa Nostra
Le cosche mafiose, con i propri traffici illeciti, omicidi e rappresaglie tenevano sotto scacco il quartiere. Bambini e adolescenti che scorrazzavano per quelle strade venivano ben presto, infatti, reclutati dalle organizzazioni criminali. Indottrinati ed istruiti alla vita criminosa, fatta di illegalità, di morte e di ombra. Anzi, di buio pesto.
Don Pino Puglisi opera, ogni giorno, al fine di aprire gli occhi a questi ragazzi. Insiste nel far capire loro che sono ancora in tempo per redimersi, per cambiare strada e fare della propria vita qualcosa di buono, di pulito.
Per questo, il 29 gennaio 1993 inaugura nel quartiere il centro”Padre Nostro”. Qui i ragazzi si ritrovano a praticare una vita di comunità in cui apprendono il sapore della condivisione, dell’onestà. Ben presto Don Puglisi diviene un punto di riferimento per i ragazzi del quartiere. Gode di popolarità e di consenso.
“L’obiettivo di padre Puglisi era liberare l’uomo libero vero – racconta suor Carolina Ivazzo – Non portava i bambini in chiesa a pregare, perché non era bigotto e perché nessuno l’avrebbe seguito su questa strada. Puntava invece a far capire che esiste una cultura diversa, una cultura della legalità e dell’onestà”.
La mafia intuisce che il prete ha il potere di intralciare i suoi obbiettivi. Don Puglisi sta riuscendo nell’intento di recuperare quegli stessi ragazzi che prima erano invece sottomessi. Li toglie dalla strada, li strappa all’influenza della criminalità organizzata. In poche parole, apre gli occhi sulla triste realtà. Illumina le menti altrimenti oscurate dalla cieca ignoranza, in cui la mafia voleva mantenere i suoi “sudditi”.
Perché ordinare l’uccisione di un uomo di chiesa?
Quella di Don Puglisi fu una lotta impari ma sempre apertamente dichiarata, contro lo strapotere mafioso. Il suo è il coraggio che vince sulla paura di chi agisce alla luce del sole, per contrastare chi invece trama, vigliaccamente, nell’ombra.
Durante le sue omelie non manca mai di attaccare il fenomeno mafioso, di condannarlo pur offrendo la possibilità di perdono, per coloro che pur peccando si sono redenti.
“Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e sapere i motivi che vi spingono a ostacolare chi tenta di aiutare ed educare i vostri bambini alla legalità, al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile. Perché non volete che i vostri bambini vengano a me? Ricordate: chi usa la violenza non è un uomo”.
L’azione di Don Puglisi metteva in cattiva luce l’agire mafioso agli occhi altrui, induceva ad una riflessione. Non lasciava spazio ai dubbi circa l’intento universale, da parte delle mafie, di sfruttare. Sfruttare a proprio piacimento, a proprio uso e consumo, chi versa in condizioni di difficoltà. Approfittare della disperazione per rendere debitori, per il resto della vita, coloro che hanno accettato un aiuto, privi di altre scelte.
Nonostante la resistenza iniziale da parte degli abitanti del quartiere, successivamente Don Puglisi incontra il loro consenso, guadagna la loro fiducia e stima.
Naturalmente, la mafia non lasciò attendere a lungo la sua reazione. Il 15 settembre 1993 commissionò infatti l’omicidio di Don Pino Puglisi.
L’omicidio: un’esecuzione mafiosa a tutti gli effetti
Da tempo ormai Don Puglisi si era arreso all’evidenza. Sapeva che sulla sua testa pendeva una condanna a morte. Era consapevole del nemico che aveva contro e della ferocia di cui era capace.
Il giorno del suo compleanno, davanti al portone della sua abitazione, in piazza Anita Garibaldi, venne raggiunto da alcuni uomini, killer di Cosa Nostra. Secondo le ricostruzioni Don Puglisi, sceso dalla sua auto sente chiamare il suo nome. Un uomo gli si avvicina, lo prende per un braccio e con tono minaccioso dice “Padre, questa è una rapina”.
La reazione di Don Puglisi, pacata come sempre “Me l’aspettavo”. Queste parole, pronunciate in punto di morte, lasciano impotenti dinnanzi ad una simile circostanza. Dopodiché, subito dopo, un altro killer lo coglie alle spalle ed esplode due colpi di pistola che raggiungono il prete alla nuca.
Il corpo senza vita si accascia al suolo, senza però cancellare il sorriso dal suo volto.
I funerali di Don Puglisi si tennero il 17 settembre 1993, tra la commozione della gente che aveva salvato, di coloro in cui aveva infuso speranza. Un telo bianco, con una scritta inequivocabile, venne appeso sul cancello della chiesa di San Gaetano a Brancaccio, “Mafiosi vigliacchi avete ucciso un uomo coraggioso e indifeso”.