Sono stati chiamati Johnny, Rocky e Rambo. Sono tre delfini indonesiani, e sono da poco stati liberati in mare aperto.
Dove si trovavano i delfini indonesiani?
I tre delfini indonesiani hanno trascorso diversi anni in un circo itinerante, prima di essere venduti ad un resort. Qui vivevano in una minuscola piscina, per l’intrattenimento dei turisti. Ma nel 2019 sono stati prelevati, e condotti nel Centro di Riabilitazione Umah Lumba a Bali. Qui hanno potuto ristabilirsi e tornare in piena salute: e lo scorso sabato sono finalmente tornati in natura, nel mare dell’Indonesia.
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Dolphin Project
A contribuire al salvataggio dei tre delfini è stato il Dolphin Project, associazione no-profit fondata dall’ex addestratore di cetacei Ric O’Barry nel 1970. Oggi il figlio di O’Barry, Lincoln, ha partecipato alla liberazione degli animali, documentando il tutto con i droni. “È stata un’esperienza incredibilmente emozionante vederli partire” ha dichiarato. Lo staff ha fatto in modo che i delfini attraversassero i cancelli sottomarini oltre il perimetro del Centro: Rocky, Rambo e Johnny si sono presi un po’ di tempo per nuotare nelle vicinanze, prima di prendere il mare aperto, tutto sotto gli occhi dei volontari. “Si sono girati indietro e sono tornati da noi ancora una volta, quasi a dire grazie e arrivederci” ha aggiunto O’Barry. “Dove andranno dopo, non lo sappiamo. Ma auguriamo loro una vita lunga e felice”.
Sensibilizzare la popolazione
“Sono un po’ rattristata a vederli partire. Ma dovrebbero essere allo stato brado, perché è così che sono nati” ha affermato Wahyu Lestari, coordinatrice della riabilitazione del Centro. Sulla questione dei delfini in cattività si sta disquisendo molto negli ultimi anni, ma già da un decennio il governo indonesiano sta lavorando ad una campagna per sensibilizzare la popolazione in merito. Cartelloni e programmi scolastici tentano di esortare i cittadini a non partecipare a spettacoli con questi cetacei come attrazioni. E il Centro Umah Lumba non resterà l’unico: si prevede che ne sorgeranno altri in Europa e negli Stati Uniti. Secondo O’Barry, in futuro la realtà virtuale potrebbe far comunque godere dello spettacolo di questi animali senza fare loro del male.