E’ il 1945. Ci troviamo in Germania, in una Berlino dilaniata dalla guerra. Il 20 aprile di quell’anno, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, Adolf Hitler esce per la prima volta dal bunker dentro al quale si era nascosto. Nell’attraversare la città, incontra alcuni soldati. Ai loro occhi, egli appare tronfio e soddisfatto. Non smette di parlare di vittoria, di un traguardo che mai arriverà. Una sola consapevolezza, è nella sua mente: è arrivata la fine. Non solo della guerra, ma anche della sua vita. Così, dieci giorni dopo, il 30 aprile del 1945, il Führer decide di sposarsi con Eva Braun, la sua compagna di vita. Dopo un’intima cerimonia, i due vengono condotti verso il loro ultimo viaggio. Quello della morte. La coppia si toglie la vita. Tuttavia, i dubbi su dove sia finito il corpo di Adolf Hitler, permangono ancora oggi.
Giallo sul corpo di Adolf Hitler: com’è avvenuto il suo decesso?
“Non voglio che il mio corpo sia messo in mostra. Voglio che i sovietici vedano che sono rimasto qui sino alla fine”. Così dichiara il Führer, rivolgendosi a Martin Bormann e Otto Günsche, dieci giorni prima della sua morte. In effetti, nonostante le ultime ore di Adolf Hitler siano ben documentate, vi è comunque un mistero che le avvolge. Innanzitutto, esistono diverse teorie sulla sua fine. E’ ormai accertato l’utilizzo del cianuro. Per accertarsi l’efficacia di quest’ultimo, il Führer aveva deciso di testarlo su uno dei suoi pastori tedeschi, senza però partecipare fisicamente alla sua morte. Tuttavia, sull’uso di questa sostanza da parte di Hitler, esistono pareri discordanti. L’unica cosa certa, è che la moglie, Eva Braun sia deceduta a causa dell’avvelenamento. Sul marito esistono diversi dubbi.
L’avversione del corpo sovietico nei confronti del Führer, è storicamente nota. Per questo, questa popolazione dubita ancora oggi dell’uso del cianuro da parte di Hitler. Il decesso per avvelenamento, comporta un’agonia più o meno lunga e dolorosa. La scelta del suicidio tramite avvelenamento, può definirsi coraggiosa. Ecco perché i sovietici non credono che Adolf Hitler sia deceduto per via del cianuro. Perché un individuo talmente ipocrita e debole, è capace d’imporre la sofferenza a milioni di persone innocenti, ma non a se stesso. Quindi, i sovietici ritenevano che il dittatore fosse morto per via di un colpo di pistola alla testa. Altre fonti sostengono che Hitler avesse assunto il veleno, ma per accertarsi di non risvegliarsi mai più, avrebbe comunque premuto il grilletto contro di sé.
Dov’è finita la salma del Führer?
“Hitler era seduto su una poltrona. La testa pendeva sulla spalla destra, la mano penzolava in basso. Al lato destro c’era il foro del proiettile”. Testimonia Günsche. Qualcuno ha inoltre affermato che, prima di morire, Hitler avesse osservato per un’ultima volta la foto di sua madre e l’immagine di Federico Il Grande, colui al quale si era ispirato per la costruzione del Terzo Reich. Nonostante la fine del Nazismo e della seconda guerra mondiale, il mistero del corpo di Adolf Hitler ha tormentato il mondo per anni. E, in un certo senso, il caso continua a incuriosire appassionati ed esperti.
Non appena il decesso del dittatore e della moglie, i corpi dei due vengono depositati in una buca, cosparsi di carburante e infine bruciati. Solo che, la cremazione non vedrà mai il suo termine. I colpi dei sovietici sono sempre più vicini, e così le SS sono costrette a scappare. Il seguito della vicenda, è raccontato da Giovanni Mari nel suo libro “Klausener Strasse. 1970: caccia al cadavere di Hitler. Il diario segreto del Kgb (Minerva)”.
Questo romanzo storico, racconta di un avvenimento risalente al due maggio del 1945. Le truppe sovietiche si dirigono verso il bunker delle SS. Qui, trovano una parte di terra smossa, la quale emana un odore di carne bruciata. Decidono di scavare. Trovano i cadaveri dei familiari di Joseph Goebbels. Scavano più a fondo. Riaffiorano il corpo di Adolf Hitler e quello della moglie. Successive analisi mediche confermeranno la corrispondenza delle salme con il dittatore ed Eva Braun. Una di queste, l’esame odontoiatrico, che riconosce la dentatura del Führer. Ciò nonostante, non mancarono all’appello le affermazioni dei negazionisti. Lo stesso Joseph Stalin, dichiarò di non sapere dove si trovasse il cadavere di Hitler. Egli sostenne inoltre un’ipotetica fuga del dittatore in Spagna o in Argentina.
Il dopoguerra e la febbre delle prove concrete
La guerra era ormai arrivata a capolinea. Si era portata con sé circa sessanta milioni di vittime, includendo anche la strage dell’olocausto. Chi non aveva perso la vita, aveva comunque perso tutto. C’è chi aveva perso addirittura se stesso. Chi non credeva più in una ripresa vera e propria, in una vita con la v maiuscola. Alcune persone avevano bisogno di testimonianze vere, che accertassero che tutto quell’orrore non si sarebbe mai più ripetuto. Una prova schiacciante, era il ritrovamento del cadavere del fautore di tutta quella sofferenza. Adolf Hitler, per l’appunto. Per molte persone, sapere con certezza che quell’uomo aveva smesso di respirare, significava poter cominciare a vivere nella speranza. Tuttavia, anche i sostenitori del Führer rivendicavano la salma di quella divinità che aveva promesso loro il ritorno dell’Impero Germanico.
A prescindere dalle motivazioni personali, il secondo dopoguerra è stato segnato da una vera e propria febbre di prove concrete. Un disperato bisogno di mettere un punto dove troppe volte era stata posta una virgola. In fondo, quando si esce da un trauma, è difficile beneficiare subito della liberazione da esso. Piuttosto, si continua a vivere portando con sé gli strascichi di quel dolore senza fine. Poiché, anche se la fine è fisicamente avvenuta, la nostra mente è ancora immersa nel dolore. Dunque, siamo noi a dover avvisare noi stessi del termine di quell’inferno. O meglio, di quella nuova occasione di rinascita. E ciò non può di certo dirsi semplice, soprattutto quando siamo ancora intorpiditi dalla sofferenza. Serve una scossa che ci faccia rendere conto di essere in vita. Poiché, anche non possiamo cambiare il passato, possiamo comunque fare molto per ricostruire il futuro da quel mare di macerie.