È successo in Arizona, Stati Uniti. L’uomo, padre di famiglia, è deceduto dopo aver assunto assieme alla moglie il fosfato di clorochina convinto di poter prevenire l’infezione polmonare del covid-19.
Critiche le condizioni della donna, attualmente ricoverata.
I coniugi erano convinti di aver assunto lo stesso principio attivo impiegato nella terapia malarica per prevenire il contagio da covid-19, sostanza che nei mesi scorsi è stata vagliata come possibile cura per i soggetti affetti da coronavirus.
Marito e moglie, però, hanno assunto fosfato di clorochina, principalmente utilizzato come trattamento antiparassitario per il pesce che ha provocato la morte di lui e ha lasciato in gravi condizioni lei.
Alla NBC News la donna, che ha preferito rimanere anonima, ha dichiarato di aver seguito programmi televisivi in cui il presidente americano Donald Trump aveva riferito i potenziali benefici della “clorochina” quale possibile trattamento per prevenire o curare l’infezione da coronavirus.
Nei mesi scorsi, infatti, era stata studiata dal Department of Pharmacology della Qingdao University, in Cina, la potenziale efficacia della somministrazione di idrossi-clorochina, solitamente impiegata nella terapia malarica, a soggetti contagiati da covid-19 con un livello di sicurezza accettabile.
Negli Stati Uniti l’epidemia ha raggiunto quota 42 000 persone contagiate, con 462 vittime del covid-19.
“Avevamo paura di ammalarci” ha dichiarato la donna spiegando: “L’ho visto sullo scaffale della cucina e mi sono detta ‘Ehi, è quello di cui stanno parlando in tv’”.
Il fraintendimento è nato proprio a causa dell’assonanza del nome “clorochina” riferito però a due principi attivi del tutto diversi.
I coniugi, entrambi sulla sessantina e tra i soggetti più a rischio, avevano deciso di aggiungere una piccola quantità della sostanza a una bevanda e ingerirla.
Nel giro di una ventina di minuti i due hanno cominciato ad accusare vertigini e a sentirsi soffocare: “Avevo forti conati” ha detto la donna alla NBC “E mio marito ha cominciato a respirare a fatica e a volermi tenere per mano”.
La donna, che ha chiamato subito il 911, ha spiegato: “Facevo fatica a parlare e mi sentivo svenire”. Il marito, purtroppo, è deceduto subito dopo l’arrivo in ospedale.
Ieri l’organizzazione sanitaria Banner Health con sede a Phoenix, Arizona, ha confermato che la coppia aveva assunto il fosfato di clorochina anziché il farmaco contro la malaria.
Daniel Brooks, direttore medico del Banner Poison e Drug Information Center, ha dichiarato: “Data l’incertezza su covid-19 comprendiamo il fatto che le persone stiano cercando di trovare nuovi modi per prevenire o curare questo virus, ma terapie ‘fai da te’ non sono la soluzione”.
Anche in Nigeria, a seguito dei due casi di avvelenamento correlati all’assunzione di clorochina, il Centro per il controllo delle malattie infettive del Paese lo scorso venerdì si è appellato alla popolazione affinché le persone non utilizzassero tali farmaci in assenza di prescrizione e vigilanza medica.
Quando una possibile cura?
La Food and Drug Administration (FDA) americana non ha ancora approvato la clorochina come trattamento efficace nella cura dell’infezione da coronavirus e gli studi sulla sua sicurezza ed efficacia sono solo all’inizio.
Anzi proprio in occasione del vertice svoltosi lo scorso 18 marzo tra FDA, Agenzia europea per i medicinali (Ema) e Icmra – coalizione internazionale per la regolamentazione dei farmaci – è stata sottolineata la necessità di attenersi esclusivamente a dati scientifici.
All’Ansa il direttore esecutivo dell’Ema, Guido Rasi, ha dichiarato che al momento si stanno valutando 20 possibili farmaci che potrebbero essere impiegati come terapia al coronavirus: “Puntiamo sulle cure nell’immediato” ha spiegato il direttore, aggiungendo che “Valutiamo potenziali antivirali e potenziali nuovi farmaci”.
“L’auspicio” ha spiegato Rasi “è avere test clinici più vasti possibile e omogenei per tutta l’Unione Europea” annunciando che un possibile vaccino non potrà aversi, nel migliore delle ipotesi, prima di un anno.
“Vanno eseguiti studi come sta facendo l’Italia”, ha chiarito il direttore “Ovvero su vasti numeri, come per il farmaco contro l’artrite reumatoide, che in un mese darà dati credibili”.
Rasi, ammonendo di prestare attenzione alle fake news circolanti in internet, ha concluso: “Dobbiamo invece scoraggiare tutti gli altri piccoli tentativi locali con altri antiretrovirali, su platee molto residuali di pazienti, a volte anche solo su 20 malati, perché non danno assolutamente alcuna risposta valida in termini clinici”.